L'Italia è all'avanguardia nella cura dell'ipertensione polmonare cronica

Liberare le arterie polmonari ostruite e, abbassando la pressione, aiutare il ventricolo destro a ritrovare una normale funzionalità, scongiurando il rischio che il cuore ceda alle continue sollecitazioni dovute all'ipertensione polmonare cronica tromboembolica. È questo l'obbiettivo della cura all'ipertensione polmonare (Ipcte), una rara malattia che in Italia riguarda circa 1000 nuovi casi l'anno. L' endoarteriectomia polmonare (Eap), è un'operazione cardiochirurgica che solo pochi centri al mondo possono effettuare con competenza. Tra i primi 5 centri al mondo vi è la cardiochirurgia della Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia con il professor Andrea Maria D'Armini, direttore della struttura semplice dipartimentale chirurgia trapiantologica cardiopolmonare e dell'ipertensione polmonare.
«Negli ultimi 5 anni - spiega il professor D'Armini - la media di interventi è stata di 60 pazienti all'anno, ma quest'anno contiamo di arrivare a 80-90 interventi. Ci superano solo San Diego (Usa), Parigi e Cambridge, il centro inglese che da solo ha raggiungo il numero degli USA grazie ad un modello organizzativo super efficiente, mentre siamo alla pari con Bad Nauheim (Germania).
«L'intervento consiste nel ripulire le arterie polmonari dal materiale tromboembolico cronico per consentire una normalizzazione della pressione polmonare . Può capitare a tutte le età e, quando non è molto estesa, può anche essere asintomatica.

Buona parte dei pazienti arriva solo dopo una seconda embolia, ed è allora che troviamo materiale ormai cronicizzato che si può solo rimuovere chirurgicamente». Oggi, invece, dopo l'intervento, il paziente può tornare ad una vita normale con terapia anticoagulante.

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