Il loro assassino li ha guardati morire

Ha piazzato l’ordigno nottetempo e si è nascosto nei paraggi per farlo esplodere. Frassanito salvo per pochi centimetri

Fausto Biloslavo

«L’esplosione è stata fortissima e ha sprigionato una fiammata. Una volta colpito il blindato ha proseguito la sua corsa per un’ottantina di metri, senza controllo. Fino a quando deve aver preso un avallamento ed è salito sullo spartitraffico in mezzo alla strada fermandosi» racconta il colonnello dei carabinieri Paolo Maria Ortolani descrivendo l’attentato di giovedì scorso che è costato al vita a tre soldati italiani e a un caporale romeno. «Appena ricevuta la notizia mi sono precipitato sul posto. Ho visto un cratere non molto accentuato a causa del tipo di ordigno utilizzato e il mezzo fermo più avanti. La scena era tragica, ma ho guardato in faccia i miei uomini che erano stati attaccati e mi ha colpito, che di fronte a una prova così dura, si leggesse nei loro occhi una determinazione ancora maggiore a portare avanti la missione», spiega con una punta di orgoglio e di emozione il comandante del reggimento Msu dei carabinieri in Irak, specializzato in missione all’estero.
La trappola esplosiva era composta da una micidiale carica cava che «spara» un dardo contro l’obiettivo. «Il foro del dardo sulla corazzatura, essendo una specie di punta di lancia, è relativamente piccolo. Una volta entrato ha creato calore e depressione» osserva l’ufficiale dell’Arma. Alle 8 e 50 di giovedì mattina a soli 300 metri dalla centrale operativa della polizia irachena, davanti alla caserma dei vigili del fuoco, il convoglio di 4 blindati della Msu era quasi arrivato. «Il mezzo colpito era il secondo e subito gli altri uomini del plotone si sono resi conto della gravità dell’attentato. Si sono buttati immediatamente dentro il blindato tirando fuori i cinque colleghi. Per quattro, purtroppo, non c’era nulla da fare» racconta il colonnello. Il caporale romeno, i due carabinieri, Carlo De Trizio e Franco Lattanzio e il capitano della Folgore, Nicola Ciardelli erano morti sul colpo. L’esplosione ha risucchiato l’aria all’interno del blindato e il calore ha offuscato i vetri antiproiettile.
«Il ferito si trovava più lontano dal punto d’impatto e grazie a Dio c’è l’ha fatta. Quando l’hanno tirato fuori le sue condizioni erano critiche, ma è stato portato via in tempi rapidissimi» spiega Ortolani parlando del maresciallo dei carabinieri Enrico Frassanito. Forse era al volante e pochi centimetri di distanza dall’impatto, rispetto agli altri, lo hanno fatto sopravvivere.
«Un mese e mezzo fa avevo percorso lo stesso tragitto con i carabinieri chiuso in un blindato blu scuro, come quello colpito». Per evitare una maggiore esposizione a imboscate terroristiche «proprio giovedì mattina i mezzi avevano cambiato orario e percorso scegliendo un itinerario diverso, ma il tratto finale, dove è avvenuto l’attentato è purtroppo obbligato» sottolinea Ortolani.
Trecento metri più avanti c’è l’ingresso super fortificato del Pjoc, la centrale operativa della polizia irachena messa in piedi dagli italiani, che collega tutte le stazioni della provincia di Dhi Qar. Una specie di 112 di An Nassirya dove i carabinieri vivono 24 ore al giorno al fianco degli agenti iracheni e offrono agli ospiti un ottimo espresso con la caffettiera vecchio stile.


Quella maledetta mattina al cambio del turno c’era «qualcuno nei paraggi che ha attivato l’ordigno a distanza ­ spiega Ortolani ­ dopo averlo piazzato probabilmente nottetempo, ma sappiamo che le tecniche dei terroristi oramai sono affinate e rapidissime nel posizionare la trappola esplosiva e nel colpire» per poi volatilizzarsi nel nulla.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica