"L'Ue dia un freno alle speculazioni"

Gli aiuti all'Irlanda, i rumors sul Portogallo, le politiche ruggenti della Fed e il timore della speculazione. Crolla l'euro e migliorano le esportazioni. L'analista: "E' un tentativo tedesco di egemonizzare l'Ue"

"L'Ue dia un freno alle speculazioni"

Milano - In queste ultime settimane i mercati stanno assistendo a brusche e pesanti correzioni dovute soprattutto all'allargamento dei differenziali di rendimento delle obbligazioni dei Paesi europei periferici, i cosiddetti PIIGS, rispetto a quelli del bund tedesco, considerato dal mercato, a ragione, come il primo della classe. Secondo l'analista Ulisse Severino, questa è "una conseguenza più o meno diretta di questa situazione è l'indebolimento dell'euro arrivato ormai a 1,32 verso il dollaro che ha come effetto collaterale il miglioramento delle esportazioni dei prodotti europei, in primis quelle della Germania".

Dottor Severino, cosa ci troviamo davanti?
"Probabilmente davanti a noi abbiamo due indizi - manca forse il terzo - che sono la prova che stiamo assistendo a un tentativo tedesco di egemonizzare l'Unione europea, viva sulla carta, ma del tutto assente quando si tratta di mostrare i muscoli per arrestare i tentativi della speculazione di mettere in seria crisi la ripresa flebile a cui stiamo assistendo. Proprio ieri in Germania è uscito l'indice Ifo, che misura la fiducia delle imprese, a 109,5 registrando nuovi massimi. Questo dato è leggermente in controtendenza rispetto alla situazione a cui stiamo assistendo sui mercati finanziari sempre più collassanti."

Forse che le imprese sono più lungimiranti dei mercati?
"Sicuramente l'economia tedesca è costituita da società cicliche, prettamente esportatrici, quindi risulta difficile immaginare una loro positività sul futuro alla luce dello scenario macro di queste settimane."

Nell'edizione di oggi del Financial Times si paventava un asse tra l'Ue e la Bce per invitare un paese periferico, come il Portogallo, a richiedere all'Fmi gli aiuti così come già fatto dall'Irlanda. La notizia è stata poi ridimensionata dal governo di Lisbona. Cosa c'è dietro?
"L'invito dell'Unione europea e dell'Fmi ad accettare gli aiuti è stato regolarmente smentito ufficialmente dagli stessi organismi. Anche il governo del Portogallo si è precipitato a smentire i rumors. Tuttavia, i mercati in preda alla speculazione più selvaggia non credono a queste smentite. Il risultato? Vendono tutto: bond e equity. Entro dieci giorni il Paese oggetto di attacco sarà costretto a chiedere gli aiuti. Ma non finisce qui: subito dopo si guarderà alla prossima vittima. Il giochino è così destinato a continuare."

Domani quindi potrebbe anche toccare alla Spagna e dopodomani all'Italia? Quale la soluzione?
"La soluzione potrebbe essere quella di predisporre un piano di aiuti unico, magari enorme. Insomma, una soluzione condivisa da tutti e che sia in grado una volta per tutte di far cessare questi scossoni che potranno anche far guadagnare pochi grossi speculatori e far coltivare sogni di grandezza e di egemonia di alcuni stati, ma che mettono anche in estrema difficoltà altri membri dell'Eurozona, magari meno nobili e meno solidi. Paesi che fanno parte a pieno titolo dell'Unione europea e che vedrebbero seriamente compromesse le prospettive di ripresa."

Quale la situzione negli Stati Uniti?
"In America ci sono cinquanta Stati, ma alla fine a decidere è il governo federale. Due settimane fa è stato predisposto un uleriore piano di riacquisto di obbligazioni da parte della Federal Reserve per dare slancio all'economia. Nonostante le critiche di fior fiori di economisti, la borsa è sui massimi. Mentre nessuno si sognerebbe di scommettere contro la Fed  tutti giocano duro e con facile risultato contro la nostra Bce, che sembra più interessata a chi sarà il successore di Trichet che a mostrare i propri muscoli per mettere un freno alla speculazione."

Insomma, all'Europa resta poco da fare?
"Assolutamente no! Siamo ancora in tempo affinché le istituzioni europee diano prova di vita.

Bruxelles batta il famoso colpo! Altrimenti non vedo proprio la necessità di permanere in un organismo che ha dato di sicuro rigore e stabilità a molti Paesi un po' allegri, ma che non si rende conto che situazioni eccezionali come questa vadano affrontate in maniera non convenzionale."

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