La magia di Fallai che ha ispirato lo stile di Armani

La magia di Fallai che ha ispirato lo stile di Armani


«È un'illusione che le foto si facciano con la macchina, si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa» diceva Henri Cartier-Bresson, il più grande fotografo di tutti i tempi. Lo dimostrano due bellissime mostre, magnifica espressione della relazione tra arte e moda: Aldo Fallai. Da Giorgio Armani al Rinascimento allestita a Firenze nelle sale di Villa Bardini aperta fino al 10 marzo e «Bailey's Stardust», la più vasta personale dedicata alle opere di David Bailey, allestita alla National Portrait Gallery fino al primo giugno. A Firenze scorrono immagini che ricordano la straordinaria sensibilità di un fotografo che alla moda ha dato tanto. Ha sempre colpito il modo con cui Aldo sistema le dita di una mano, l'inclinazione della testa, la piega di un tessuto, una grazia rinascimentale aleggia nei gesti che suggerisce ai suoi modelli. «Quasi unico fra i fotografi italiani dagli anni Ottanta in poi, Fallai decide di utilizzare il repêchage, la citazione, servendosi di celebri opere d'arte. E più precisamente di quelle che gli piacciono, arbitrariamente, come modelli per coraggiosi set fotografici» scrive la storica dell'arte Martina Corgnati, curatrice con Carlo Sisi della mostra, nel catalogo di Edizioni Polistampa parlando della celebre Deposizione di Santa Felicita rivisitata attraverso la sostituzione dei personaggi dipinti dal Pontorno con modelli e modelle nelle stesse pose oppure di colori saturi, forti e vibranti attinti dalla pittura, oltre all'amato bianco e nero.
Una magia che ha incantato anche Giorgio Armani al punto che dalla metà degli anni Settanta ha trovato in Fallai l'obiettivo che avrebbe trasformato la sua sensibilità estetica in esperienza artistica. Del resto la carrellata delle immagini in mostra con donne dai corpi flessuosi, uomini dai muscoli educati, volti poetici, sono la più bella dimostrazione del talento di Fallai - grafico diplomato all'istituto d'Arte di Firenze e poi fotografo quasi per caso - che ha lavorato per le riviste più blasonate del mondo e della grandiosa bellezza della moda di Armani. Fra i due fuoriclasse ci sono oltre trent'anni di reciproca affinità creativa. Lo ricorda, nel catalogo, anche il supervisore della mostra Luigi Salvioli, indossatore e fotomodello e poi agente di fotografi, uno del gruppo di ragazzi che come Fallai lasciarono Firenze per lavorare a Milano nella nascente industria della moda.
Diversa ma non meno affascinante la storia di David Bailey, uno dei più acclamati fotografi viventi, e della mostra sponsorizzata da Hugo Boss, che a Londra presenta oltre 250 fotografie. I ritratti sono stati selezionati tra i soggetti dal lui fotografati negli ultimi cinquant'anni: attori, scrittori, musicisti, politici, registi, modelle, artisti e persone incontrate durante i suoi viaggi e immosrtalate in maniera indimenticabile. Mick Jagger, Jean Shrimpton, la principessa Diana, i Beatles, Jack Nicholson, Amanda Lear e una strepitosa Kate Moss. Molti gli scatti dedicati anche alla modella Catherine Dyer, l'amata quarta moglie. Con il suo lavoro Bailey ha incarnato perfettamente l'anticonformismo della Swinging London al punto che nel 1966 Antonioni s'ispirò a lui per Blow Up.

Ma lui, per tratteggiare lo spirito del tempo, guardò a grandi registi come Fellini e Begman, Truffault e Godard. Insomma, con il cinema ebbe un'intensa liaison e non solo per aver sposato, dopo la rottura con la Shrimpton, in arte «miss gamberetto», una grande attrice come Catherine Deneuve.

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