Il magistrato pigro che sforna sentenze col «copia-incolla»

Il copia e incolla comincia alla prima riga di pagina 1 ter e si conclude alla quarta di pagina 40. Per quaranta pagine, il giudice di una città piemontese, Ada I. ha riprodotto fino alla virgola la comparsa conclusionale di una nota compagnia assicurativa. E dopo aver bevuto i ragionamenti della compagnia e schiacciato le ragioni della controparte – un’altra società di assicurazioni –, in 14 righe, ha chiuso la sentenza riconoscendo le ragioni del colosso assicurativo. Naturale che la seconda assicurazione abbia segnalato il fatto alla Procura generale. Scoperta: lo stesso meccanismo è stato usato dal magistrato altre volte.
Il capo d’incolpazione, preparato per il processo davanti alla Disciplinare, elenca altri cinque «furti». Cinque volte in cui Ada I. veniva meno «all’elementare dovere di garantire, al di là di ogni sospetto del contrario, che la decisione era stata assunta in piena autonomia di giudizio». In effetti, qualche dubbio, e anche più di qualche dubbio, può venire a chi è stato sconfitto se la sentenza copia per pagine e pagine, come al dettato delle elementari, quel che pensava e sosteneva l’avversario. Possibile che il «nemico» sia bravo al punto non solo di vincere, ma addirittura di ipnotizzare il giudice consegnandogli chiavi in mano, come un pacchetto low cost, perfino la sintassi, il vocabolario e la punteggiatura? Quando è troppo è troppo. Ada I. apriva il computer e travasava; certo, ogni tanto infilava una frase di cucitura, modificava, se necessario, la forma grammaticale e i tempi: così metteva a punto la giustizia fotocopia.
Il Csm continua le sue verifiche. E confronta pagine, frasi, incisi. Nel procedimento di una concessionaria di pubblicità contro una rete televisiva nazionale, per esempio, la comparsa della parte convenuta ha avuto l’onore di una trascrizione a tappeto lunga 17 pagine, con meno di 20 righe autonome. Davvero esagerato. Un po’ meglio va la lettura della sentenza 53 per la querelle fra un privato e una cooperativa. Il giudice dà ragione alla convenuta, la cooperativa, e con la stessa tecnica a strascico già adoperata altre volte scrive 11 pagine che «riprendono integralmente (...) la comparsa conclusionale». Poi, però, Ada I. si salva in corner aggiungendo a pagina 9 meno di 20 righe che riproducono la domanda dell’altra parte. Insomma, il quadro generale è quello di una galleria di fotocopie. E di ricorso al collaudato metodo del copia e incolla.

La Disciplinare, tornando sul casus belli della compagnia assicurativa di cui sopra, parla di «plateale evidenza del tradimento dei presupposti giuridici e logici che devono presidiare la motivazione del provvedimento». Ecco perché il 18 aprile 2008 arriva la condanna all’ammonimento.

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