Le mani della sinistra sulla ricerca

Pietro Serra

Finalmente! Il sogno a lungo accarezzato durante sessanta anni di vita repubblicana si è infine realizzato. Con Prodi al governo, sia pure per una manciata di voti, il controllo della sinistra su qualunque aspetto dell’istruzione superiore e della ricerca è ormai un fatto compiuto. I Ds con Luigi Nicolais alle Riforme e innovazione nella pubblica amministrazione, Pierluigi Bersani allo Sviluppo economico, Fabio Mussi all’Università e alla Ricerca e Livia Turco alla Salute esercita ormai un controllo assoluto su un settore di primaria importanza per lo sviluppo del paese e per la formazione della sua classe dirigente.
La mancata assegnazione di deleghe ai sottosegretari della Margherita nei rispettivi ministeri viene a confermare il successo del disegno perseguito dai Ds per realizzare una emarginazione completa in questo settore dei moderati al governo. Questo è un settore colpevolmente abbandonato dal partito di Marini e di Rutelli che dimostra anche sotto questo aspetto il suo evidente scarso rilievo politico e capacità di visione strategica. Ma anche l'estrema sinistra con il siluramento, dopo le improvvide ed intempestive dichiarazioni del suo candidato più autorevole all'Università e alla Ricerca, Asor Rosa, non ha motivo di gioire.
Acquisito questo importante risultato ai Ds non rimane che da completare questo controllo ormai egemonico con il rastrellamento delle ultime posizioni di rilievo nel settore. In primo luogo i tre maggiori enti pubblici, Cnr, Enea e Istituto superiore di sanità per i quali i rispettivi ministri vigilanti non hanno concesso alcuna delega, enti a cui afferiscono non meno di 14.000 tra ricercatori e tecnici. Poi, in opportuna successione, il nodo Università.
Durante il governo Berlusconi il settore dell'Università e della Ricerca ha operato con larga autonomia. Il rispetto del ministro Moratti e del viceministro Possa per il mondo della Ricerca e dell’Università, anche se ben noto agli addetti ai lavori, è stato infatti assai maggiore di quanto si è voluto far credere. Per l’Università le attività di governo si sono centrate su due provvedimenti di rilievo: la riforma dello stato giuridico ha consentito al personale docentedi conservare intatti i princìpi di assoluta libertà con i quali esso svolge non solo la sua attività di insegnamento e di ricerca, ma anche la governance esclusiva su consigli di facoltà, senati accademici, consigli di amministrazione, rettori e direttori amministrativi. Ben più indigesto è stato il provvedimento sulla programmazione e sulle nuove regole di assegnazione delle risorse statali, che per la prima volta ha richiesto alle Università la definizione di obiettivi e una programmazione pluriennale delle attività, soggetta a valutazione.
la riforma Moratti ha innovato gli enti di ricerca, sottolineando la necessità di salvaguardare la ricerca di eccellenza, anche di carattere spontaneo, e di contribuire attraverso un forte e rinnovato rapporto pubblico-privato per accrescere la competitività del paese. In questo contesto il ministro Moratti, a conferma dei principi di rispetto per l'eccellenza che ha ispirato il suo mandato, ha confermato la tradizionale autonomia dell’Istituto di fisica nucleare, che pure gode di uno pseudo statuto del tutto anomalo nel quadro giuridico che caratterizza gli enti di ricerca, e ha nominato alla presidenza dell’Istituto nazionale di astrofisica uno scienziato bene accetto alla maggioranza interna di sinistra. Al Cnr la Moratti ha nominato un presidente con forte competenze manageriali ed aperto il consiglio di amministrazione ai rappresentanti del mondo produttivo e sociale e a scienziati indipendenti.
La palla di questo intero settore passa ora alla sinistra. Al ministro Mussi, un normalista di spessore, organico nel vecchio Pci e come tale attento agli aspetti di carattere istituzionale, si pongono due alternative: la prima forzare la situazione e procedere a colpi di decreto legge per appropriarsi delle strutture decisionali, presidenti e consigli di amministrazione degli enti di ricerca. Così supererebbe persino Benito Mussolini che nominò presidente del Cnr Vito Volterra, un noto antifascista. Questo colpo di mano non potrebbe che suscitare una forte reazione nei ricercatori sottoposti da oltre 10 anni a defatiganti attività burocratiche, nei sindacati, nell’opinione pubblica, nel mondo confindustriale, in Parlamento e nello stesso governo. Ciò poiché questi provvedimenti verrebbero a ledere profondamente l’autonomia degli enti protetta costituzionalmente. La seconda alternativa in attesa delle scadenze fisiologiche di tali organi consiste nell’avviare una seria analisi su quanto di buono gli enti di ricerca hanno saputo realizzare sulla via delle riforme, premessa necessaria per l’adozione di opportuni, motivati provvedimenti. E ciò darebbe anche modo al ministro di assimilare una materia complessa e a lui poco nota.


Per quanto concerne l’Università i problemi da risolvere sono molteplici: quello della governance è un problema ineludibile, ma sul quale la sinistra ha già avuto modo di scontrarsi con il mondo universitario, senza successo, all'epoca della «Pantera».

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