Mastella: "No alle guerre di religione"

Il ministro: spiacevole che Quercia e Margherita agitino il tema a fini congressuali. Per il ddl le forche caudine arriveranno in Aula al Senato

Mastella: "No alle guerre di religione"

Roma - Ministro Mastella, la senatrice Binetti ha definito l’omosessualità una "devianza della personalità". Lei che ne pensa?
«Io non sono per un’offensiva contro gli omosessuali. Ma un conto è il rispetto delle persone, un altro sono i desideri tramutati in diritti che non trovano riconoscimento né sul piano religioso né soprattutto un mio riconoscimento sul piano giuridico e personale».
Ma il ddl Bindi-Pollastrini è già al Senato.
«All’inizio non ci saranno grandi sorprese. Le forche caudine per i Dico arriveranno in aula e là maturerà la decisione. A differenza della Binetti o di questi teodem, non credo che accorgimenti o modifiche possano trovare accoglienza favorevole. Io sono per una minor pressione fiscale e per maggiori servizi di modo che le coppie italiane possano fare più figli».
Il vicepremier Rutelli ieri ha detto che i Dico non sono una priorità e non faranno cadere il governo.
«Non vorrei che diventassero una specie di discriminante per il Partito democratico. Salvi erge la propria bandiera di “più laico dei laici” per ragioni congressuali, altri il vessillo di una minore velocità sul piano parlamentare. È una questione più complessa dei congressi di Ds e Margherita».
È una questione centrista: per Dario Franceschini sono una «garanzia che non ci saranno barriere tra laici e cattolici», mentre Enzo Carra sarà in prima fila al Family Day.
«Vorrei che fossimo un po’ più sereni tutti quanti nell’esprimere le nostre valutazioni. Non è una guerra di religione. Se le discussioni hanno come elemento primario le ricadute all’interno dei partiti, sono molto spiacevoli».
L’Udeur è contraria ai Dico?
«Certamente sì. Mica ho smorzato l’impegno nel dire che siamo contrari ai Dico e favorevoli alle politiche per la famiglia. Non è solo un atto di natura religiosa».
Che cosa pensa della politica che si fa «biopolitica» includendo nella sua sfera d’azione questioni che attengono il privato come unioni di fatto ed eutanasia?
«È la deriva del relativismo cui spesso fa cenno papa Ratzinger parlando di disimpegno morale. È il relativismo che ritiene che i limiti possano essere superabili in nome di una libertà senza regole. La libertà è comporsi con le regole. Non tutto ciò che può smarcarsi dalle regole può trovare legittimazione. Se trovasse riconoscimento tutto ciò che è nella società, siccome in Italia aumenta la presenza musulmana, con il riconoscimento di ogni diritto e desiderio dovremmo riconoscere la poligamia e non mi pare il caso».
Tutto ciò che non rispetta le regole è deviante?
«Respingo tutto ciò che non si compone con le regole. Questa non è una divisione clericale: non tutto ciò che è moderno rappresenta sviluppo in linea retta».
Non è sicuramente rettilineo l’incedere della riforma della legge elettorale.
«I politologi si sostituiscono alla politica da molti anni. La conseguenza è l’ingovernabilità. I meccanismi elettorali non anticipano i processi politici ma li seguono. In realtà, la crisi è dei grandi partiti che non ci sono più - a parte Fi che supera il 20% - perché il mio partito ha lo stesso seguito che avevano anni fa repubblicani e liberali. Il frastagliamento è la fotografia di una società frammentata».
Non la rinfranca un Prodi favorevole al rinvio del referendum?
«Un referendum non dovrebbe essere portato avanti da coloro che sono all’interno del luogo dove si dovrebbe decidere.

È singolare che si lamentino della legge elettorale gli stessi che l’hanno determinata: la ex maggioranza con la complicità di Ds e Margherita. Mi ribello alla logica secondo cui si pensa di risolvere i problemi di governabilità prendendo come prigionieri politici i piccoli partiti».

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