Mauritius, isola dallo spirito creolo

L’energia tellurica dell’Africa, la leggerezza mistica dell’India, la raffinatezza e il savoir faire della Francia. Un incrocio di culture, di tratti somatici e di luoghi che ha dato origine a una popolazione sorridente, bella ed elegante nel portamento, molto gentile nei modi, ma anche capace di esprimere la propria gioia di vivere con slancio vitale attraverso i sapori speziati della sua cucina e i ritmi energici del séga, combinazione di musica e di danza nata durante il periodo della schiavitù. Mauritius è la semplicità nella poliedricità: hindu (la maggior parte della popolazione), musulmani, creoli, cinesi ed europei hanno costruito 270 templi, 173 moschee, 163 chiese, e 3 pagode cinesi senza contendersi alcun primato. Anzi. Ogni festa religiosa è l’occasione per condividere un momento di gioia e scambiarsi gli auguri. Succede a Natale, ma anche durante il Capodanno Cinese e la festa delle luci di Divali a ottobre, durante la quale in molte abitazioni, non solo hindu, e nei luoghi sacri (anche nelle chiese cattoliche), vengono accesi centinaia di lumi. E non è difficile imbattersi in matrimoni misti e ammirare durante le celebrazioni cattoliche le sete colorate dei sari che avvolgono le donne di origine indiana. È per questo che, per dirla con le parole del musicista e cantautore mauriziano Eric Triton che ha curato l’ultima edizione dell’International Kreol Festival lo scorso dicembre, «Ici c’est étrange d’être étranger», sentirsi «stranieri» qui è davvero inconsueto. Dalla sofferenza della schiavitù, dal succedersi di colonizzatori (olandesi, francesi, inglesi) che non hanno lasciato tracce di rancore, dall’arrivo dei braccianti indiani che hanno sostituito gli schiavi nei campi di canna da zucchero, da tutto questo passaggio e incrocio di mondi e di momenti anche drammatici, è nato un senso di identità che trova nella lingua creola (incrocio tra il francese e l’africano) e nella musica forti punti di riferimento. «L’arte diventa il filo conduttore e la musica il mezzo per riconoscersi e identificarsi» afferma Eric Triton. Così la creolità cessa di essere una condizione fisica, con la quale in genere si identificavano a Mauritius i discendenti degli africani con sangue europeo, e diventa un fattore culturale, segno di armonia e di tolleranza. Da questo punto di vista «Tutti i mauriziani sono creoli» afferma Xavier-Lux Duval, vice primo ministro e ministro del turismo di Mauritius, che, ispirandosi alle Seychelles, ha voluto anche qui il Festival Kreol, rassegna internazionale di musica, danza, moda e cucina in programma ogni anno attorno alla seconda settimana dicembre.
Abbracciata dal mare turchese e verdissima, con distese di coltivazioni di canna da zucchero e di tè interrotte solo da esplosioni colorate di fiori, come quelli rosso fuoco dell’albero flamboyant, Mauritius è un giardino, a tratti spontaneo, a tratti coltivato. Un piccolo campionario dei suoi frutti si può ammirare al food market di Port Louis dove si trovano erbe aromatiche, spezie, frutta tropicale e le originali tisane di Jay Mootoosamy, famiglia che da quattro generazioni utilizza antiche ricette per curare emicrania, ernie e tantissimi altri problemi fisici.
La cucina creola è fusion per eccellenza dove si uniscono in armonia l’arte indiana di miscelare le spezie e le tecniche della cucina cantonese. Da non perdere le crocchette piccanti i gâteaux piments (crocchette piccanti), i fagottini di samosa farciti di carne o legumi speziati, la rougaille, salsa piccante, e il curry di pollo ai gamberetti. Valgono una cena La Belle Kréole a Mahébourg e l’Escale Kréole nei pressi della stupenda casa coloniale Eureka, all’estremità nord-occidentale di Moka. Ultimamente c’è anche un tocco di influenza italiana. Stefano Fontanesi, chef italiano al Dinarobin Hotel Golf & Spa a Le Morne, propone piatti di alta cucina italo-mauriziana e la possibilità per gli ospiti di seguire un corso di cucina creola. Il resort, 5 stelle lusso, nel sud-ovest dell'isola, è un saggio di raffinatezza disegnato dall'architetto mauriziano Maurice Giraud. Immerso nel verde, si trova tra una lunga spiaggia bianca e la montagna di Le Morne, patrimonio Unesco dell’Umanità perché al centro di molte vicende legate al periodo della schiavitù. Per il viaggiatore occidentale attento al turismo responsabile, può essere interessante sapere che i Beachcomber Hotels, proprietari di altri sette resort a Mauritius oltre al Dinarobin, curano la formazione del personale locale con una vera e propria scuola alberghiera, riconosciuta dal Governo, che prevede molta pratica e uno stipendio agli allievi. Per aiutare i giovani senza alcuna istruzione e in difficoltà, hanno creato una fondazione attiva sul territorio, la Fondation Espoir Dévelopement, che organizza un corso annuale propedeutico alla scuola alberghiera e che si fa carico di ogni spesa.
Sei notti al Dinarobin Hotel Golf & Spa in junior suite, mezza pensione, volo air Mauritius da Milano, da 3.125,00 euro per persona (fino al 19 aprile). Sei notti al Shandrani Resort & Spa, camera superior, all inclusive, volo air Mauritius da Milano da 2.486,00 euro per persona (fino al 19 aprile). Per info: www.beachcomber-hotels.com, tel. 035/236656; per prenotazioni: www.hotelplan.it.


Voli settimanali da Roma e Milano con Eurofly (www.meridiana.it) e da Milano con Air Mauritius (www.airmauritius.com).
Ulteriori informazioni sulla destinazione e sul festival creolo su: www.mauritius-turismo.com e www.festivalkreol.com

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