È strano come un uomo, un medico, che ne ha viste tante, abbia riservato un posto esclusivo, quasi inespugnabile, nel suo cuore e nella memoria delle sue emozioni, a un giorno. A quel giorno. Il giorno in cui, tra lacrime e macerie, fece nascere la piccola Azzurra, il giorno in cui una madre, la madre di Azzurra, dopo avere lottato per 48 ore, ed essersi rassegnata a morire, rivide la luce della vita e della speranza. Macché, riflettendoci anche solo un istante, non è strano affatto se si conversa un poco con il professore Enrico Ferrazzi. La sua voce si spezza all'improvviso per la commozione quando ricompone per noi quel puzzle dell'orrore che si trovò davanti. I mille e mille pezzi di un Paese, Haiti, che il 12 gennaio del 2010 venne sconquassato da un terremoto che fece oltre 230mila vittime e 300mila feriti. E annientò un popolo già costretto a vivere, dalla povertà e dall'indigenza, in condizioni miserrime.
Direttore del Dipartimento della Donna mamma e del neonato, all'ospedale Buzzi di Milano, Ferrazzi fu tra i primi a precipitarsi ad Haiti, all'indomani del terremoto. «Per una curiosa circostanza - racconta - a Natale avevo passato una decina di giorni ad Haiti con mia moglie, per valutare, come sempre sotto l'egida della Fondazione Rava, la fattibilità di alcuni progetti di assistenza e a ulteriore ausilio dell'ospedale Saint Damien, inaugurato nel 2006, costruito su progetto tecnico italiano, e arredato ed equipaggiato dall'Italia. Il tempo di rientrare a Milano e, al telefono, mi annunciano la terribile notizia. Al Buzzi raduno i miei collaboratori e chiedo loro chi è disposto a partire. Si alzano le mani di tutti. C'è posto solo per tre medici sull'aereo degli aiuti che ci condurrà sull'isola. Non ci penso nemmeno un attimo, devo ripartire... Mi accorgo che il mio cuore è già là, tra quella gente disperata. Tra quelle macerie».
Realizzato con criteri antisismici, il Saint Damien (solo lievemente danneggiato dalle scosse) per molti giorni è stato l'unico ospedale operativo sull'isola. Con diecimila pazienti curati in meno di tre settimane, centocinquanta medici e infermieri inviati in meno di sei mesi dall'Italia per affiancare il personale locale. Nei lunghi giorni di quell'inferno la radiologia (duecento radiografie al giorno) e Pronto soccorso con le due sale operatorie sono state sempre in funzione, giorno e notte.
«E in quell'occasione che ho conosciuto l'orrore. Centinaia di corpi, maciullati, in condizioni disperate, che venivano portati al Saint Damien. Quei corpi allineati, persino nel giardino dell'ospedale, le grida di chi era rimasto mutilato, di chi aveva perso tutto, anche la forza di reagire a una ferita che sarebbe presto incancrenita e ci avrebbe costretto all'amputazione. Giorno e notte ho lavorato a fianco di persone straordinarie, instancabili. In mezzo a quei corpi devastati, ho fatto di tutto: dal barelliere, all'infermiere al chirurgo. Tutti noi abbiamo fatto di tutto. Con i farmaci e gli strumenti di cui, allora, potevamo disporre e non certo con i mezzi e le strutture che, grazie al supporto della Fondazione Rava, fanno oggi del Saint Damien un ospedale-modello. Giorno e notte tra quei corpi. Io e tutti gli altri: medici, infermieri e volontari che avevano subito risposto all'appello ed erano partiti dall'Italia».
Mille volti, mille immagini, appaiono sfogliando l'album privatissimo del professor Ferrazzi, in quella surreale trincea di Haiti. Ma una su tutte spicca quella. Proprio quella della piccola Azzurra, la prima bimba che fece nascere subito dopo il terremoto. Il sorriso di una nuova vita che spiazza tutti e arriva a sbocciare in mezzo alle rovine, alla devastazione, alla tristezza. Per ridare una speranza a chi non l'ha più.
«Arrivò una camionetta militare e sulla soglia dell'ospedale scaricarono una donna gravida, gonfia, con una pressione 220 su 120», ricorda il medico. «Facemmo subito un cesareo e, poco dopo, ci ritrovammo tra le braccia una piccola di un chilo e 800 che strillava per fare sentire a quel mondo devastato, la sua presenza. Quanto alla madre, sembrava rassegnata a morire, restava in disparte senza parlare, chiusa nella sua tristezza. Non una lacrima, non un grido. L'urgenza e la gravità del suo stato imponevano di curarla al più presto anche e solo con quello che avevamo a disposizione e cioè l'eparina. Pura e semplice eparina. Col passare delle ore riuscimmo a stabilizzarla, e nel giro di due giorni, uscì da una situazione critica. Quando se ne rese conto, quando si rese conto di essere ancora viva, ritrovò una carica incredibile, e diventò da quel momento una madre così premurosa e così attaccata alla figlia, come poche ne ho viste».
Punto di riferimento della Protezione civile italiana e della portaerei Cavour della Marina militare, in quei giorni fu inarrestabile anche il via vai di elicotteri dal Saint Damien alla nave, per trasferire medici e pazienti. E, in quei giorni, incoraggiati dal sorriso di Azzurra e di sua madre, si aprì al Saint Damien, in piena emergenza, un reparto di maternità e un'area neonatale. E oggi, oltre alle emozioni che gonfiano ancora il cuore del professor Ferrazzi e dei suoi collaboratori, che cosa resta, dopo l'orrore, ad Haiti? Resta un ospedale d'eccellenza con un reparto maternità di 42 posti letto, una stanza dedicata alla patologia della gravidanza, due sale operatorie, una sala parto con cinque postazioni, dove nascono in sicurezza 15 bambini ogni giorno. Oltre a 24 posti letto pediatrici, dove sono curati soprattutto i bambini colpiti da malnutrizione, polmoniti, malattie gastrointestinali, infezioni; due sale operatorie pediatriche; due sale operatorie per il reparto maternità; un pronto soccorso, aperto 24 ore per sette giorni. Un reparto neonatologia dotato di 32 isole neonatali con terapia intensiva e subintensiva, che accolgono 50 bambini al mese. Complessivamente un centro d'eccellenza che assiste 80mila bambini all'anno e 4.500 mamme.
E in corsia? Quattrocento tra medici e paramedici haitiani, affiancati da volontari da ogni dove, dato che la Fondazione Rava ha attivato numerosi gemellaggi con ospedali italiani per la formazione in Haiti e in Italia.
E così, eccolo di nuovo, in prima linea, il professor Ferrazzi che, due volte all'anno torna nel «suo» Saint Damien per tenere corsi di formazione a ginecologi e ostetriche. Un cuore grande, che regala la certezza che si deve resistere per ricominciare.
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