"La mia Elena di Troia, troppo libera in amore"

Cristiana Capotondi interpreta il drammatico "Dalla vita in poi" e compra i diritti di un film mitologico. "Sono single, ma non mi perdo il lusso di fare e ricevere coccole"

"La mia Elena di Troia,  troppo libera in amore"

Appeso al chiodo il tulle di Sissi, la romantica imperatrice d’Austria da lei resuscitata in tivù con grinta moderna, Cristiana Capotondi scivola nel peplo di Elena di Troia. Sempre più indietro nel tempo, con quella bellezza d’epoca cui donano le spalle nude e i boccoli a cornice intorno al viso, la trentenne diva di punta del nostro star system ha comprato i diritti di Memorie di una cagna (Frassinelli), romanzo d’esordio dell’empolese Francesca Petrisso. «L’ho fatto per assicurarmi il personaggio», dice lei, all’opera per mettere in piedi il biopic mitologico sull’incendiaria greca. Un’altra figura femminile da spogliare d’ogni leggenda,trasformandola in creatura viva e passionale, oltre lo spregio dell’Iliade, dove la seducente Elena vien detta «faccia di cagna». Poteva, una che mira a Menelao e alle coste del Peloponneso, recitare in Bari,Texas con la popolare Belèn, nel ruolo di camerierina d’una pizzeria? «Per carità, nel film prodotto da Antonio Avati ci potevo stare. Ma la mia parte, come me l’aveva presentata il regista Eugenio Cappuccio, era diventata un’altra cosa e ho preferito rinunciare», precisa l’interprete romana, sostituita da un attore non noto. Detestabile come starletta tivù nel fortunato La Passionedi Carlo Mazzacurati, ora nelle sale, Cristiana si farà benvolere incarnando la paraplegica Katia, il cui balzo improvviso - dalla sedia a rotelle al petto d’un carcerato aitante, Filippo Nigro - riassume lo spirito di Dalla vita in poi (dal 19 novembre) di Gianfrancesco Lazzotti al suo esordio (né manca una scena di sesso, su un tavolaccio, con l’ergastolano).

Portare sul grande schermo personaggi mitologici è un’impresa. Che cosa metterà nella sua Elena di Troia?
«Il tono intimista del romanzo, spero e le sue atmosfere. Ho voluto garantirmi il personaggio, dopo aver letto il libro della Petrisso, una ragazza appena diciannovenne che, con grande freschezza, ripercorre la vera storia della vita di Elena di Troia. Una donna chiamata «cagna» soltanto perché affermava il suo diritto ad amare chi voleva lei e non chi le imponeva la convenienza politica».

La politica entra in ogni piega della vita, pare. Le capita di parlarne con sua sorella Chiara, addetta stampa del Partito Repubblicano?
«Sì, abbiamo delle discussioni che spaziano dal piano politico a quello di cronaca. Ma è diventato molto difficile distinguere, di volta in volta. Me ne sono resa conto girando, in Francia, L’infiltrato di Giacomo Battiato. Nella vicenda, incentrata sulla storia del terrorista palestinese Abu Nidal, io sono Laura, una studentessa italiana che frequenta La Sorbona e che si lascia coinvolgere nelle fasi di spionaggio. Ci sono di mezzo i Servizi Segreti francesi… Credo che i Servizi Segreti, comunque, rivestano un ruolo fondamentale, anche da noi. Ma non capisco quale».

Ha cominciato a lavorare molto presto. Che cosa le manca della sua prima gioventù?
«Ho ricordi meravigliosi di giochi spensierati con le amiche. Facevamo abiti buffi con le tovaglie delle nostre mamme, che si arrabbiavano regolarmente per tutti quei buchi nella stoffa. Pur lavorando, di tempo per le amicizie ne trovavo sempre».

L’amore passa, l’amicizia resta, si dice. Comunque, un legame sentimentale all’orizzonte c’è?
«Sono felicemente single. Non sono alla ricerca di un amore… ma questo non vuol dire che non mi conceda il lusso di fare e di ricevere coccole».

In Dalla vita in poi la sua Katia vive un amore problematico, anche perché costretta sulla sedia a rotelle…
«Proprio la difficoltà di vivere un amore “normale”, da parte del personaggio, m’ha convinto a interpretarlo. Veicola un messaggio di speranza la passione con cui la protagonista inizia a scrivere lettere a Danilo, in prigione, quasi fosse un Cyrano de Bergerac in gonnella.

La passione per la scrittura, poi, richiama l’attuale difficoltà nei rapporti diretti: ci parliamo tutti a distanza, via e-mail. Io, invece, adoro la carta. Col mio fidanzato storico, anni fa, tenevamo un quaderno sul quale incollare le nostre lettere e i biglietti d’amore più cari».

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