Il carcerato e Francesco. "Ci aiuti ad abbattere la prigione del male"

Franco Uggetti oggi è detenuto a San Vittore e incontrerà il Papa: "Ci porterà speranza"

Il carcerato e Francesco. "Ci aiuti ad abbattere la prigione del male"

«Io fuori credevo. Poi mi hanno arrestato. E quando entri qua dentro attraversi diverse fasi. Io avevo perso la voglia di pregare, era come se accusassi Dio di essersi allontanato da me. Poi ho capito che ero io ad essermi allontanato da Lui».

Parlatoio del carcere di San Vittore, le undici di qualche giorno fa. Franco Uggetti è uno dei detenuti che domani incontreranno il Papa, nella prima visita di un Pontefice nel vecchio carcere di piazza Filangieri. Uggetti sarà al primo piano, nel grande corridoio del primo raggio che Bergoglio attraverserà tra due ali di prigionieri: e spera di essere anche tra i novanta detenuti che subito dopo pranzeranno con Francesco al terzo raggio. «Ho chiesto di partecipare, ma lo hanno chiesto anche tanti altri. Qui ormai gli italiani sono il trenta per cento, e credevo che saremmo stati solo noi a fare domanda. Invece anche quelli di altri paesi e religioni vogliono stare col Papa. Molti sono musulmani, per il cattolicesimo in genere non hanno molta simpatia. Ma questo Papa è diverso, e non credo che sia soltanto un fattore di carisma umano: penso che c'entri anche il modo in cui sta rimodernando la Chiesa, andando contro certe istituzioni e mettendosi dalla parte di coloro che soffrono. Lui è davvero il Papa degli ultimi. E qui dentro, qualunque sia la religione che professiamo, siamo gli ultimi degli ultimi».

Novecento detenuti, ognuno con la sua storia alle spalle («Io ho commesso molti errori, e uno di questi è stato difendermi male», dice Uggetti) e con un presente fatto di routine assoluta, spazi stretti e poche speranze: questo è il mondo che il Papa si troverà davanti domattina, quando gli si apriranno una dopo l'altra le cinque porte che separano il cuore del carcere dalla libertà, dal mondo dei «normali». «L'altro giorno è successa una cosa strana: un vecchio detenuto, uno duro, per la prima volta l'ho visto dialogare con gli assistenti volontari. Parlavano della visita del Papa. Gli ho chiesto: come mai? E lui: eh, sai, questo Papa è diverso». Cosa gli chiederete, cosa vi aspettate da lui? «Per noi è importante che Francesco mandi all'esterno un messaggio che possa abbattere i muri del pregiudizio nei nostri confronti, il marchio che ci accompagna nella società anche quando abbiamo finito di pagare il nostro conto. Ma è importante che ci aiuti anche ad abbattere i nostri muri interiori, che ci tengono prigionieri quanto le mura e le sbarre: i muri dell'odio e del rancore. L'unica strada per distruggere questi muri è la speranza, e di speranza qui ne circola poca, perché sappiamo cosa ci attende fuori. Io ho la fortuna di sapere che a novembre, quando uscirò, troverò ad aspettarmi una famiglia che mi ha perdonato. Ma chi non ha una fortuna simile sa che fuori c'è il nulla. Per questo l'ottantacinque per cento ritorna dentro».

Per Uggetti domani sarà il secondo incontro ravvicinato con il Papa argentino. «Mi hanno strappato l'anima, la volontà, la fede - mi hanno rubato Dio», dice una poesia che aveva scritto nei tempi cupi seguiti all'arresto. Poi, passo dopo passo, insieme al cappellano don Marco, si è riavvicinato alla Chiesa.

E il 6 novembre dell'anno scorso era a San Pietro, al Giubileo dei Carcerati: è uscito in permesso premio, insieme al cappellano e ad altri due detenuti, è arrivato alla Messa in Vaticano ed è riuscito a consegnare al Papa la pergamena firmata dagli ospiti del centro clinico di San Vittore; ne ottenne in cambio un sorriso che non ha dimenticato. «Certo, adesso il mio sogno è poter arrivare a scambiare con lui almeno una parola. Ma l'importante sarà esserci».

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