"Infettati, uno su due ha meno di 65 anni"

Dopo due settimane il contagio cresce ancora E ora l'eccezione saranno le strutture «normali»

"Infettati, uno su due ha meno di 65 anni"

Altri due morti a Milano città, numeri che fanno paura in Lombardia, ansia per la tenuta degli ospedali. La seconda settimana dell' incubo Coronavirus si chiude in modo agghiacciante, così come si è aperto il 21 febbraio con la scoperta del primo «focolaio» nel Lodigiano. E intanto si scoprono positivi anche due prefetti, quelli Brescia e di Bergamo, dove è risultato positivo anche il questore (e tutti assicurano di star bene e di essere operativi continuando a lavorare).

Sono cupe le notizie fornite ieri sera dalla Regione: i contagi continuano a salire inesorabilmente, siamo a quota 2.612 (negli ultimi giorni, a ritroso, sono stati 2.251, 1.820, 1.254 e 1.077). Il 36% dei contagiati ha oltre 75 anni, il 20% ha tra i 65 e i 74 anni, il 25% tra i 50 e i 64, il 17% tra i 25 e i 49 anni mentre l'1 per cento tra 18 e i 24 anni e l'1 per cento meno di 18 anni. Quanto ai territori, la Bergamasca è in una molto critica, la Regione ha criticato il ritardo con cui Roma sta affrontando il tema di una nuova zona rossa ma ora anche l'Istituto superiore di sanità sarebbe orientata a chiedere misure drastiche ora.

In Lombardia, i deceduti sono 135. A Milano città sono tre, tutti maschi. Ieri si sono purtroppo aggiunti un 76enne con patologie oncologiche e respiratorie e un 89enne con patologie cardiovascolari. In provincia i decessi salgono da 5 a 6. La Regione fa sapere che i deceduti sono «tutte persone anziane con un quadro clinico già compromesso». L'87% aveva più di 75 anni, l'11% fra 65 e 74 e il 2% fra 50 e 64 anni.

Aumentano anche i guariti. I pazienti dimessi e al domicilio sono 469 (93 in più in un giorno) mentre in isolamento domiciliare si trovano 77 persone. Continuano però a salire anche i pazienti ricoverati: sono 309 (65 in più rispetto a ieri) quelli in terapia intensiva e 1.622 in altri reparti. È questa pressione sugli ospedali che fa più paura. La Regione continua quindi nella sua corsa forsennata ai posti letto da allestire. E la novità del giorno riguarda proprio gli ospedali: se prima l'obiettivo della Regione era destinare alcuni ospedali ai pazienti Covid, adesso la prospettiva è ribaltata. «Avevo detto che avevamo individuato due o tre ospedali Covid - ha spiegato l'assessore al Welfare Giulio Gallera - ma il numero di pazienti cresce in maniera così imponente che facciamo il contrario. Di fatto, avremo tre grandi ospedali che si occuperanno della cardiochirurgia. Tutti gli altri si occuperanno di Covid». E lunedì arriverà una delibera che darà l'indicazione alle strutture di «gestire nella maniera opportuna tutti i pazienti che noi invieremo, nelle dimensioni che noi invieremo». Il problema della capienza ospedaliera, però, riguarda soprattutto il personale. Per quanti sforzi si possa fare sul piano logistico - aprendo interi piani e riconvertendo alle nuove esigenze «tantissime recovery room delle sale operatorie, ciascuna da 3 persone» - il punto è che servono medici e infermieri. Ed è questo lo sforzo massimo su cui è impegnata la Regione. A Seriate sono arrivati i militari: 10 medici e 12 infermieri. E rinforzi sono in arrivo sul fronte infermieristico: i primi 65 si sono laureati giovedì a Pavia in anticipo e, tra lunedì e martedì dovrebbero laurearsi 250 infermieri da immettere velocemente nel sistema. I rettori stanno accelerando.

L'altra leva su cui lavorare è la riduzione dei contagi e quindi della «socialità», con raccomandazioni sempre più accorate: «Se non adottiamo atteggiamenti veramente radicali - ha detto Gallera - rischiamo che non ci sia un picco con una discesa».

Alberto Giannoni

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