Il Diocesano a Martini Dedica all'arcivescovo buon padre per Milano

Maroni lo definisce una guida per 23 anni Il vicesindaco: «Aprì al dialogo con tutti»

Sabrina Cottone

«Sempre più mi è entrata nel cuore la domanda che Dostoevskij, nel suo romanzo L'idiota, pone sulle labbra dell'ateo Ippolit al principe Myskin. «È vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo salverà la bellezza?». Signori - gridò forte a tutti - il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza... Quale bellezza salverà il mondo?». Il principe non risponde alla domanda che affronta Carlo Maria Martini con le parole della lettera pastorale del 1999, che si intitola proprio con il quesito: «Quale bellezza salverà il mondo?». La bellezza di cui parlo, scriveva Martini, non è «la bellezza seducente» ma «la bellezza tanto antica e tanto nuova» di Agostino, «la bellezza di Dio».

Un assaggio di questa bellezza secondo Martini è nei dipinti custoditi dal Museo diocesano, intitolato al cardinale ieri, 15 febbraio, nel novantesimo anniversario della sua nascita. La citazione di Martini-Dostoevskij è tornata in sala durante la cerimonia di dedica del Museo, voluto dall'allora arcivescovo e da lui inaugurato il 5 novembre 2001. «Luogo di fede e di umanità» lo definì Martini in quell'occasione, come ricorda ora il suo successore, Angelo Scola. «Martini è sempre intervenuto all'inaugurazione di ogni mostra» dice l'arcivescovo, convinto dell'attualità del Diocesano: «Milano ha una proposta molto ricca. Ma il Diocesano ha una sua nota da portare alla sinfonia dell'arte milanese, che è quella educativa».

All'intitolazione del Museo diocesano sono intervenuti anche politici di estrazione diversa. Il presidente della Regione, Roberto Maroni, ha definito Martini «una guida per oltre vent'anni, in un periodo travagliato e fondamentale per la storia cittadina», ricordando «la lucidità» con cui Martini «coglieva i bisogni che emergevano tra la gente, di educazione, di welfare, di salute, di giustizia sociale», così da essere «un modello» per chi fa politica. «È stato un padre per Milano, ricordiamo le sue opere, le tante opere buone che egli ha compiuto» le parole di Raffaele Cattaneo, presidente del consiglio regionale. E la vicesindaco, Anna Scavuzzo, ne ha citato «il gusto del bello e della bellezza», «l'apertura al dialogo», il fatto che da lui si apprenda l'arte del «discernimento» nelle scelte dell'oggi.

Martini iniziò a dare vita al Diocesano, già pensato dal beato vescovo Ildefonso Schuster, con alcune tele della quadreria dell'Arcivescovado, per metterle a disposizione di tutti. Una di queste opere, San Francesco riceve le stimmate del Bergognone, arriva direttamente dall'appartamento che Martini aveva in episcopato. «Si privava di tutto» ricorda la sorella Maris Martini, presente all'inaugurazione. Secondo una suggestiva ipotesi, l'opera arriverebbe dalla distrutta chiesa di San Francesco Grande a Milano e la datazione è ancora discussa tra la fine del Quattrocento e il primo decennio del Cinquecento.

Si tratta di una delle circa mille opere della collezione permanente, comprese tra il IV e il XXI secolo. Al Diocesano oggi lavorano anche cinquanta volontari, impegnati a illustrare le tante suggestioni delle sale. Dalla Quadreria arcivescovile sono arrivate le collezioni degli arcivescovi milanesi (parte della collezione Monti, della Visconti, della Riccardi, della Pozzobonelli, e la completa collezione Erba Odescalchi). Dalle chiese della Diocesi dipinti e arredo liturgico.

C'è poi la pregiata sezione dedicata ai Fondi Oro, opere soprattutto toscane del XIV e XV secolo, donate dal professor Alberto Crespi. Infine, intorno a un primo nucleo di opere scultoree di Lucio Fontana, si sono accostate numerose opere del Novecento e contemporanee.

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