Cronaca locale

"Ecco il mio Trovatore Un inno all'arte e... all'integrazione"

Debutta giovedì l'opera verdiana diretta da Luisotti: «Trama dai contenuti attuali»

"Ecco il mio Trovatore Un inno all'arte e... all'integrazione"

Da giovedì al 29 febbraio, alla Scala va in scena un classico di Giuseppe Verdi: Il Trovatore. Lo vedremo nell'edizione presentata al festival di Salisburgo del 2014, dunque firmata dal regista lettone Alvis Hermanis. Da un punto di vista visivo è la stessa produzione, cambia invece la lettura musicale cioè quel che più conta. A Milano, la guida musicale è affidata al direttore d'orchestra Nicola Luisotti, al suo quinto titolo verdiano alla Scala dopo Oberto, conte di San Bonifacio (2002), Attila (2011), Nabucco e Rigoletto. Dopo un decennio all'Opera di San Francisco, due anni al San Carlo di Napoli, ora Luisotti non ha un incarico stabile se non quello di Direttore Ospite Principale del Teatro Real di Madrid. Alla Scala conduce un cast che ha la sua punta in Francesco Meli, comprende Liudmyla Monastyrska, Violeta Urmana, Massimo Cavalletti e Gianluca Buratto in alternanza con Riccardo Fassi.

Luisotti tira in ballo i citofoni, Salvini, il quartiere Pilastro di Bologna per dire che «Il Trovatore è un'opera estremamente attuale per quel che racconta, una vicenda di indipendenza, di lotta di classe. La gitana Azucena è una migrante: la storia ci insegna che l'integrazione è importante per evitare roghi di ieri o citofoni oggi, siamo i portatori sani dei messaggi del passato». Il citofono è il campanello suonato da Salvini per chiedere spiegazioni, su un presunto spaccio, a una famiglia di immigrati a Bologna. Il rogo è quello su cui brucia la madre di Azucena, zingara basca dunque immigrata, che vive per vendicare l'omicidio. Ne scaturisce la tragedia con Azucena che involontariamente brucia il proprio figlio anziché il figlio del Conte di Luna che fattosi uomo verrà a sua volta ucciso dal fratello. Questa la story telling di Luisotti. Il regista sposta la vicenda del Trovatore in un museo. Le pareti sono rosse, un rosso Scala piuttosto che Valentino, potrebbe essere il Kunst o la National Gallery, ma anche alcune sale di Brera. Vedremo scorrere 60 quadri tra riproduzioni di dipinti, riproduzioni di dettagli e proiezioni. La percezione è quella di «Una notte al museo» Il regista immagina una fase diurna abitata da guide e visitatori e una notturna che vede i protagonisti dei quadri prendere vita e vestire rossi abiti, perlopiù di velluto. «Dovevo dare un senso a tre livelli contemporanei diversi: la storia ambientata nel 1400, la musica dell'800 e il pubblico attuale a cui è destinata. Il museo rappresenta un ponte tra queste tre epoche e andare all'opera oggi in qualche modo è come visitare un museo» ha spiegato Hermanis. Che alla Scala ha realizzato Die Soldaten di Zimmermann, Madama Butterfly per la prima della Scala del 2016, I due Foscari anch'essi immersi nella pittura - in quel caso - veneziana fra Gentile, Bellini, Carpaccio e Tintoretto.

Alla Scala vedremo riproduzioni di opere perlopiù italiane, di Raffaello («L'Annunciazione»), Leonardo («Dama con l'ermellino»), Giovanni Battista da Conegliano («L'incoronazione della vergine»), Botticelli e Bronzino.

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