Una piattaforma ipertecnologica, discreta, silenziosa ma potentissima, veglierà su Expo 2015 ventiquattro ore su ventiquattro, e proverà a fare del nuovo quartiere fieristico la prima smart city europea. Per vederla all'opera dovremo aspettare maggio, ma per assaggiarne le potenzialità basta fare un giro al Museo della Scienza e della Tecnologia, dove fino ad aprile resta aperta la mostra «Exponendo Prima, dopo, sotto, sopra Expo 2015». Uno dei pezzi forti è un'enorme pedana interattiva che illustra i 5 layer tecnologici della «cittadella del futuro» che ospiterà la manifestazione: Energia, Ict, Sicurezza, Edutainment, Servizi. Ma prima di farci scoprire quello che ci sarà sotto l'Expo, e di interrogarci sul dopo-Expo, la mostra ci prende per mano e ci accompagna nel passato, con una suggestiva sezione storica che ripercorre con oggetti, documenti e audiovisivi la lunga e non sempre lineare vicenda delle Esposizioni universali dall'esordio londinese, nel 1851, a Shangai 2010. Anche per capire un po' di più che cosa sono davvero le Esposizioni universali, quanto durano, come funzionano e che cosa hanno lasciato in eredità. E così fra le diverse expo riconosciute dal Bie (Bureau International des Expositions) ne sono state isolate 9 di grande interesse storico: Londra 1851, Philadelphia 1876, Parigi 1889 e 1900, Milano 1906, Chicago 1933, New York 1939, Roma 1942 (l'«esposizione fantasma», che non ebbe mai luogo) e Bruxelles 1958, ciascuna associata a materiali di interesse, giornali, targhe, medaglie, immagini e filmati, ma anche oggetti che hanno portato sempre più in alto l'asticella della tecnologia: un visore stereoscopico del 1870, una macchina per scrivere Remington del 1890, un fonografo degli stessi anni, un apparecchio cinematografico di inizio '900 e un modello del Palazzo della Civiltà del lavoro progettato per l'Expo romana mai inaugurata per lo scoppio della guerra. E Milano? Per ritrovarla in assetto Expo bisogna tornare indietro di oltre un secolo, e precisamente al 1906, con la kermesse che celebrò il traforo del Sempione. All'epoca mezza città era attraversata da una ferrovia sopraelevata in stile liberty. Oggi non ne rimane più nulla, tranne un modello storico che, restaurato per l'occasione, è visibile in mostra accanto a un cesto per pallone aerostatico degli stessi anni. La visita continua poi con una rassegna di altri 16 oggetti storici esposti in tutto il museo, vere e proprie finestre sulla storia del progresso tecnologico. Si va dalla celebre pila di Volta (ricostruzione del 1927) al pantelegrafo Caselli, dal banco di Macedonio Melloni alla dinamo Edison, dal ricevitore Bell alla telecamera Magneti Marelli.
Ma non dimentichiamo il motore Isotta Fraschini Asso 750, le gomme vulcanizzate Pirelli, la locomotiva a vapore Gr 552. E la goletta Leone di Caprera, con cui tre coraggiosi italiani sfidarono l'Atlantico per raggiungere un anziano Garibaldi in esilio. Era il 1880.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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