Antonio Bozzo
«Eravamo un po' preoccupati durante la lavorazione». Silvio Orlando risponde al telefono per raccontarci qualcosa dello spettacolo Lacci, che interpreta (la regia è di Armando Pugliese) al Franco Parenti dal 13 al 18 dicembre. Lo dice così, di sfuggita, come dicesse «oggi fa freddo», e con le parole arriva il suo modo sornione e interrogativo di guardare il mondo: il napoletano del 1957 Orlando è un grande attore che sa comunicare con un movimento di sopracciglia e una breve esitazione nella voce. Preoccupato? Un professionista come lei? Non vorrà mica dirci che ha paura del palcoscenico. «No, so bene di essere conosciuto e, per mia fortuna, amato. Ero preoccupato perché lo spettacolo non fa sconti a nessuno. Ma dopo le prime venti repliche, a Tortona e Napoli, che hanno avuto ottimo riscontro, le preoccupazioni non ci sono più. Affrontiamo con tranquillità anche il debutto al Parenti». Lo spettacolo è tratto da un romanzo di Domenico Starnone. «Sì, un romanzo dove il tema centrale è la famiglia. Un'istituzione lenta e sempre più in crisi, che vede come elemento debole la donna. Ma non solo: la famiglia produce sadismo e violenza in generale». Un altro Starnone dopo La scuola, che 25 anni dopo il film lei e il regista Daniele Lucchetti portate in teatro con successo. Che Starnone è questo? «La versione teatrale, che metto in scena con la mia compagnia, l'ha fatta Starnone stesso. C'è un marito separato dalla moglie, sposata quando erano molto giovani, negli anni Sessanta. Lui sta a Roma, con una nuova donna, e lei, da Napoli dove è rimasta con i figli, gli ricorda il legame che dovrebbe unirli e che invece si è spezzato. Si è rotto ma non del tutto: quella fuga diventa un ritorno perché i lacci non si strappano con facilità». Esseri umani nella bufera e una famiglia che diventa una trappola? «In scena i punti di vista sulla storia sono cinque, nessuno predominante. Producono una riflessione profonda, efficace, in contrasto con quella veloce e superficiale suscitata dal web. Il teatro resta un'eresia necessaria».
Che cosa significa? «Che noi teatranti siamo forse i meno consapevoli di come la società abbia bisogno di guardarsi attraverso un rito antichissimo, eppure modernissimo, come fare spettacolo da un palcoscenico». Il regista Armando Pugliese ricorda che ha affrontato Lacci di Starnone come una «sinfonia del dolore, perché la storia parla del carico di sofferenza che da una generazione si proietta su quella successiva».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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