Si può tranquillamente affermare che si è salvato per un soffio o, comunque, che poteva andargli davvero molto peggio. Dopo essere stato massacrato di botte, infatti, si è trovato «solo» con un dito fratturato e un anello in meno, strappatogli dai suoi aggressori poco prima di scappare e far perdere le loro tracce. Un branco di coetanei, tutti minorenni, che però, qualche attimo prima, non avevano esitato a cercare di strangolarlo, stringendogli come una morsa le gambe intorno al collo per poi tentare anche, senza successo, di togliergli le scarpe per rubare pure quelle. E tutto, pare, a causa di una serie di vecchi rancori.
Spezzoni di un pestaggio feroce che all'inizio di giugno aveva avuto come protagonisti al parco di Monza un gruppo di sedicenni e 17enni, tutti studenti e incensurati (uno solo di loro con una segnalazione amministrative per possesso per uso personale di sostanza stupefacente) di origini brasiliane e colombiane, ma nati in Italia e residenti tra Albiate, Sovico e Macherio. Due bande contrapposte di ragazzi che si erano date appuntamento nella zona dell'Autodromo, ai confini con Biassono.
In questi giorni i carabinieri della compagnia di Monza, guidati dal maggiore Emanuele D'Onofrio, hanno reso noto l'avviso di conclusione indagini emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori di Milano che accusa sette di questi minorenni di rapina e lesioni gravi. Il ragazzino pestato aveva avuto infatti una frattura del processo spinoso, alcuni tagli al sopracciglio e ferite al volto. Ed era stato così, in quelle condizioni, sottosopra e con i segni delle botte ancora addosso, che il giovane si era presentato dai carabinieri per cercare rifugio e sporgere denuncia, raccontando quello che gli era appena accaduto.
Un tempismo, il suo, che gli ha dato ragione. Le indagini, infatti, erano iniziate subito. E gli investigatori dell'Arma avevano rintracciato alcuni degli aggressori proprio nelle vicinanze dell'Autodromo. Il nome degli altri componenti del branco invece era emerso più avanti, durante l'audizione protetta di diversi testimoni minorenni (tra cui un folto gruppo di ragazzine) e che si erano tutti avvalsi della facoltà di non rispondere.
Ma qual'è la ragione di tanta giovanile omertà che purtroppo ricorda ben altre fasce di età e differenti paesaggi? Il motivo non è certamente recondito, va cercato nel fatto che la lite vera e propria aveva avuto successivamente un «colorito» seguito, condito da una sfilza di minacce alla banda rivale e al ragazzo picchiato che,
grazie a una foto pubblicata sui siti, si era trasformato in un bersaglio virtuale. Un episodio con il quale, dopo la denuncia formale dell'accaduto alle autorità, nessuno voleva avere a che fare...Alla faccia dei ragazzini.
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