Cronaca locale

Rimuovere Montanelli. E le vie dei comunisti?

La sinistra dimentica gli omaggi a dittatori: il problema è il Montanelli del 1935

Rimuovere Montanelli. E le vie dei comunisti?

Non è un caso che la grottesca richiesta di rimuovere la statua di Indro Montanelli dai giardini di via Palestro arrivi da chi vuole commissariare la Regione Lombardia per l'emergenza Covid. Dietro, c'è una stessa concezione della politica, lo stesso approccio settario, la stessa idea di (in)tolleranza. La proposta di compiere questo gesto oltraggioso per la memoria del più grande giornalista italiano è assurda, e oggi viene giudicata in questi termini anche da alcuni esponenti della sinistra. «Follia» la definisce Emanuele Fiano, deputato del Pd. «Amenità» dice il presidente dei senatori dem, il toscano Andrea Marcucci, mentre fa sapere che non vuole «neanche ascoltarla», visto che Montanelli «il toscanaccio» - come lo definisce - «è stato un maestro per diverse generazioni di lettori, per me sicuramente» e «un grande esempio di libertà e fierezza».

Per ora non si sa ufficialmente cosa ne pensi il sindaco di Milano, Beppe Sala - chiamato in causa dal capogruppo leghista Alessandro Morelli - ma c'è da scommettere che la sua opinione sia simile a quella di Fiano, e molto lontana dai «Sentinelli», l'associazione che si presenta come laica e antifascista e che ha lanciato questa «idea». L'ostilità per la figura di Montanelli viene spiegata con un episodio che risale alla guerra coloniale del 1935 quando il giovane Indro si accompagnò a una giovanissima donna locale. «La pratica del cosiddetto madamato, frutto della politica coloniale e di un particolare clima storico, è ovviamente deprecabile - spiega la Fondazione Montanelli Bassi di Fucecchio - ma va contestualizzata nella cultura e nella sensibilità degli anni Trenta del Novecento». Per quella stessa vicenda la statua di Porta Venezia nel 2019 è stata anche imbrattata dalle «femministe» del collettivo «Non una di meno».

L'idea di «abbattere» Montanelli, tuttavia, non è solo assurda e fanatica, sconta anche il solito vizio del doppiopesismo e della faziosità. «Chi vorrebbe rimuovere la statua di Montanelli cosa pensa della palazzina Liberty intitolata a un conclamato repubblichino?» chiede infatti l'ex presidente del Consiglio provinciale Bruno Dapei, esponente di Forza Italia e portavoce di «Campo liberale». Il riferimento è a Dario Fo. E questo è solo uno dei casi di omaggio, o intitolazione toponomastica, che dovrebbe creare ben più problemi rispetto alla statua di Montanelli, se le intenzioni degli iconoclasti di sinistra fossero sincere, sebbene abnormi. Altro caso, via Carlo Marx, che esiste a Milano, e Sesto San Giovanni come in molte altre città. «Io toglierei via Marx - dice provocatoriamente Davide Romano, ex assessore alla Cultura della Comunità ebraica e direttore del Museo della Brigata ebraica - per le conseguenze della sua ideologia e per il contributo all'antisemitismo di sinistra che ha dato. Marx ha scritto cose orribili, che sarebbero piaciute a Goebbels».

Per restare nel solco dell'ideologia comunista - condannata dal Parlamento europeo - a Zibido San Giacomo c'è una via Lenin, piuttosto imbarazzante visto il regime di oppressione a cui dette vita il «padre dell'Urss, che tuttora omaggiata in molti Comuni italiani, fra cui Mede in provincia di Pavia. Piuttosto imbarazzante, a questo punto, anche la via Palmiro Togliatti, dedicata a Milano (e a Rho) al segretario del Partito comunista italiano - e dirigente della Terza internazionale - che per la storia è fortemente compromesso con gli orrori del comunismo europeo, tanto che nel '53 commemorò con grandi elogi alla Camera il sanguinario tiranno Stalin (a sua volta antisemita) descrivendolo come un «gigante del pensiero e dell'azione». Su questo silenzio totale. E molto imbarazzante è stata la via che Cornaredo ha dedicato anni fa al maresciallo Tito, dittatore e «infoibatore» di italiani.

E intanto il sindaco Sala non trova il modo di rendere omaggio, a Milano, a Bettino Craxi.

Commenti