IL MISTERO DEI FALDONI SPARITI

Altre ombre infittiscono il mistero della morte di Mussolini. Sono scomparse due voluminose buste di documenti, facenti originariamente parte dell’Archivio per la storia del movimento liberale fondato da Ercole Camurani e che, molto probabilmente, contenevano informazioni importanti sulla vicenda. Lo ha raccontato in una lettera, inviatami all’indomani della pubblicazione della mia serie di articoli sulla fine di Mussolini usciti sul Giornale, lo stesso Camurani. Questi - da sempre militante liberale e già capo della segreteria di Giovanni Malagodi all’epoca in cui costui era stato ministro del Tesoro nel secondo governo Andreotti - è un appassionato studioso della storia del liberalismo italiano ed è stato creatore, animatore e presidente dell’Istituto per la storia del movimento liberale, dal momento della sua fondazione nel ’72 alla sua liquidazione nel ’93. L’Istituto si occupava di promuovere studi e ricerche sul liberalismo italiano, ma anche di raccogliere fonti bibliografiche e documentarie sul tema. La parte archivistica, confluita nell’Archivio Storico della Camera dei Deputati, è stata inventariata e di ciò dà conto un denso volume dal titolo Gli archivi dell’Istituto per la storia del movimento liberale (1885-1995). Inventario a cura di Luisa Falchi, Enrica Serinaldi e Fabio Simonelli, edito nel 2005 dalla Camera dei Deputati.
Camurani, oltre a raccogliere e ordinare le fonti del liberalismo, fece pubblicare importanti lavori sul liberalismo tra i quali un ampio studio di Max Salvadori, intitolato L’eresia liberale, che è un primo tentativo di storia dell’evoluzione dell’idea liberale. Proprio il riferimento, contenuto in uno dei miei articoli sulla fine di Mussolini, al ruolo che Max Salvadori avrebbe avuto, come agente dell’Intelligence Service nella vicenda dell’uccisione del Duce, ha spinto Camurani, che di Salvadori fu amico e confidente, a inviarmi la lettera della quale, con la sua autorizzazione, è opportuno rendere noti i passi essenziali. Camurani mi ricordava che il suo intero archivio era «stato acquisito dall’Archivio della Camera dei Deputati e repertorizzato». Ma aggiungeva: «nel repertorio assai completo mancano due buste: una busta vera e propria in carta rossiccia di Max Salvadori ed una spessa cartella d’archivio del generale Cadorna». Le due cartelle erano state affidate a Camurani «da Salvadori e Cadorna in tempi diversi, ma con l’identica raccomandazione di aprirle e farne l’uso» che egli avrebbe creduto più opportuno solo dopo «il 31 dicembre 2000».
La lettera prosegue in questi termini: «Max mi disse che si trattava di documenti e di un memoriale, ma fu assai evasivo sull’argomento. De Felice, in una delle sue ultime interviste, affermò che solo con l’apertura di carte di Salvadori si sarebbe fatta chiarezza sulla fine di Mussolini. \ La cartella di Cadorna conteneva per certo, scritto in costa e confermato dallo stesso Generale, poco prima della scomparsa quando me la diede nella sua villa sul lago, dopo avermi colà chiamato con urgenza, le copie dei messaggi della Divisione Oro, alla quale facevano capo le trasmissioni radio delle missioni alleate presso i reparti partigiani. Entrambi i fascicoli, in repertorio dell’ISML, non li ho più trovati nel repertorio pubblicato dalla Camera. L’acquisto dell’Archivio Isml venne deciso essendo Violante presidente della Camera e pubblicato con Casini Presidente. Nelle more del trasferimento da Bologna a Roma, i faldoni dell’Archivio rimasero in un magazzino di Viale Silvani, frequentato da chi aveva avuto l’incarico di stimare i materiali e, mi si dice, da un “professore” non meglio specificato».
La lettera dà conto anche della scomparsa di altri due fascicoli, peraltro non segnalati nel repertorio ufficiale dell’ISML, ma certo politicamente rilevanti. Scrive Camurani: «Aggiungo che altri due fascicoli sono spariti, ma non erano repertorizzati tra quelli dell’ISML: i materiali relativi a Gladio, su cui pubblicai il libro del gen. Inzerilli, e le liste dei giovani comunisti che avevano partecipato alle scuole di partito in vari paesi d’oltre cortina e Cuba, che mi erano state fatte avere per una eventuale pubblicazione».
Ma torniamo ai due fascicoli - quello di Salvadori e quello di Cadorna - consegnati, perché li conservasse nell’archivio di una istituzione seria e benemerita, a Camurani in momenti diversi, ma nel quadro di un accordo o di una precisa concertazione fra i due, come dimostra da parte loro la richiesta di apporre alla consultazione il medesimo vincolo temporale. È evidente, da questo solo fatto, che il contenuto dei due fascicoli dovesse essere collegato ed è presumibile che esso riguardasse, almeno in parte, le vicende relative alle decisioni sulla sorte da riservare a Mussolini e alla sua stessa uccisione. E questo perché tanto Salvadori quanto Cadorna ebbero un ruolo importante in quei frangenti.
Il generale Raffaele Cadorna, comandante del Corpo Volontari della Libertà, organo militare del Clnai, esponente della corrente moderata della Resistenza, godeva di fiducia e credito presso gli Alleati. Il suo comportamento nella circostanza non è stato del tutto chiarito. L’inchiesta riservata condotta, poco dopo gli eventi, per conto dei servizi segreti americani dall’agente Valerian Lada Mocarski sottolineò molti punti che spingono ad approfondire il ruolo del Generale. Per esempio ricordò che la sera del 27 aprile ’45 il colonnello «Valerio», cioè Walter Audisio, si presentò nella Prefettura di Como asserendo di «venire da Milano con l’ordine di eseguire una missione segreta da parte del Generale Cadorna». Poi, relazionando sul colloquio avuto con il generale, l’agente ne sottolineò una sorta di reticenza: «il generale Cadorna fu molto franco nel precisare che non tutti i particolari sui quali stavo indagando erano conosciuti dal Clnai. \ Tuttavia sostenne che al colonnello Valerio era stato dato ordine di procedere all’esecuzione al momento della sua partenza da Milano per Dongo. In risposta alla domanda se l’ordine fosse frutto di una decisione del Comitato, e se egli fosse presente, il generale Cadorna rispose che l’ordine era stato ufficialmente emanato da un membro del Comitato, che agiva per conto di tutto il Comitato». È pensabile che nella cartella sparita potesse essere traccia di eventuali istruzioni.
Max Salvadori mantenne sempre un certo riserbo non esitando però a commentare che i fatti di Dongo rappresentavano «la punizione del massimo delitto», quello di «aver privato i cittadini italiani della loro libertà» e di «aver sottratto il governo al controllo della Nazione». Solo a seguito delle pressioni di Renzo De Felice, alla ricerca di conferme alla sua tesi della «pista inglese», si decise a inviare allo storico un memoriale. Scrisse in esso: «nell’ambito delle mie funzioni di ufficiale Alleato \ non valeva la pena di occuparsi di Mussolini». Ma poi precisò di essersi tenuto al corrente dell’incontro avvenuto nel palazzo arcivescovile, presso il cardinale Schuster, nel pomeriggio del 25 aprile: «Ritenni allora che non vi era niente da discutere, che qualsiasi trattativa e negoziato avrebbe danneggiato il Clnai nei confronti degli Alleati e provai un senso di sollievo quando venni a sapere che non vi erano state né trattative né negoziati». Infine ricordò di aver partecipato alle riunioni del Clnai, dopo il suo arrivo a Milano, «solo come osservatore, senza mai prendere la parola» tranne che nella riunione tenuta dopo il 25 aprile quando venne annunciato l’arresto di Mussolini. In quella riunione egli prese la parola per precisare che, per il Comando Alleato, il Clnai era «il delegato del governo italiano in territorio occupato dal nemico e come tale esercitava funzioni governative» almeno fino all’instaurazione dell’AMG (Allied Military Government). Il che significava demandare al CLNAI la decisione sulla sorte di Mussolini.
Lo scontro fra le posizioni inglesi e americane e le divergenze all’interno della Resistenza fra una corrente moderata e una estremista non sono più un segreto e appare sempre più plausibile la convinzione di Renzo De Felice secondo il quale la morte di Mussolini andrebbe vista «in una cornice di lotta e concorrenza fra forze politiche italiane e servizi segreti stranieri».

Una situazione su cui le buste di documenti di Salvadori e Cadorna, scomparse presumibilmente prima dell’arrivo dell’intero archivio dell’Isml alla Camera, avrebbero forse potuto gettare un fascio di luce. C’è una domanda senza risposta in questa vicenda, una domanda che si aggiunge agli interrogativi sulle circostanze e sulla modalità della fine di Mussolini. Chi ha sottratto quei documenti e perché?

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