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Cina, opposizione alla generalizzazione del concetto di "sicurezza nazionale"

Gli Usa mettono Huawei nel mirino. Ma commettono un grosso errore strategico

Cina, opposizione alla generalizzazione del concetto di "sicurezza nazionale"

Lo scorso giovedì, pur senza alcuna prova concreta, il Dipartimento del commercio statunitense ha dichiarato di voler inserire Huawei - insieme ad altre 70 compagnie da essa controllate - nella "entity list", ovvero la lista nera che, di fatto, ha come obiettivo quello di mettere i bastoni tra le ruote al colosso cinese. Con questa decisione, il governo americano sta cercando di impedire a Huawei l'acquisto di tecnologie e componenti da aziende americane.

Gli Usa hanno così avviato una manovra a tenaglia che ha un triplice obiettivo:

  • Spezzare il canale in cui scorre la linfa vitale di Huawei
  • Contenere lo sviluppo dell'hi-tech in Cina
  • Salvaguardare la posizione egemonica degli Usa nel settore tecnico-scientifico

Spiazzando Washington, Huawei ha però subito attivato il suo "piano B" - pronto da oltre dieci anni - grazie al quale è riuscita a garantire la sicurezza strategica e la fornitura ininterrotta della maggior parte dei suoi prodotti.

Gli effetti della decisione Usa

La strategia di Washington non gioverà a garantire né la sua supremazia né la sua sicurezza. Anzi: ha provocato gravi conseguenze alle società americane che cooperano con Huawei, mettendo a rischio decine di migliaia di posti di lavoro, danneggiando la cooperazione all'interno della catena di fornitura globale e provocando gravi problemi allo sviluppo e al progresso del settore tecnico-scientifico.

Il presidente francese Emmanuel Macron, la cancelliera tedesca Angela Merkel ed altri leader europei hanno annunciato di non volere seguire gli Usa nell'"ordine di blocco" contro Huawei.

Il 16 maggio, il portavoce del ministero del Commercio cinese Gao Feng - facendo riferimento all'ordine esecutivo emesso recentemente dagli Usa sulle limitazioni imposte alle transazioni con Huawei ed altre società - ha affermato che la parte cinese si oppone alla generalizzazione del concetto di "sicurezza nazionale" e all'abuso di misure di controllo d'esportazione e salvaguarderà fermamente i diritti legittimi delle aziende cinesi.

"Ci opponiamo decisamente all’attuazione di sanzioni unilaterali basate sulle leggi nazionali da parte di qualsiasi paese contro entità cinesi, nonché alla generalizzazione del concetto di 'sicurezza nazionale' ed all'abuso di misure di controllo sull'import-export". Gao Feng ha poi aggiunto che Pechino invita Washington a porre fine a questo comportamento errato, in modo da evitare di avere ulteriori impatti negativi sulle relazioni economico-commerciali tra Cina e Stati Uniti.

Perché gli Usa hanno bisogno di Huawei

Lo scorso 17 maggio il New York Times ha pubblicato un articolo a firma di Chen Lifang, membro del Consiglio d'amministrazione e vicepresidente senior di Huawei, nel quale si legge che gli Usa hanno bisogno di questo colosso cinese e che il divieto imposto a Huawei potrà solo frenare l’innovazione e ridurre la concorrenza, alzare i prezzi e impedire ai consumatori e alle imprese statunitensi di ottenere le tecnologie di telecomunicazione più avanzate, non potrà in alcun modo rendere la rete digitale degli Stati Uniti più sicura.

Nel suo articolo, intitolato Gli Usa hanno bisogno di Huawei, Chen Lifang afferma che il colosso cinese acquista ogni anno più di 11 miliardi di dollari di beni e servizi dagli Stati Uniti e che, di conseguenza, il divieto totale di attrezzatture Huawei costerà agli Usa decine di migliaia di posti di lavoro.

Nell’articolo viene sottolineato che l’amministrazione Trump deve sospendere il divieto imposto a Huawei ed esaminare e tutelare la sicurezza della rete di comunicazione americana all'interno di una cornice trasparente.

La retromarcia degli Usa

Oggi, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha dichiarato che concederà una licenza temporanea di 90 giorni a Huawei e ai suoi partner in modo tale da completare l'attuale fase di assestamento.

Lo stesso giorno, il fondatore di Huawei Ren Zhengfei ha rilasciato un'intervista alla stampa cinese presso la sede generale dell'azienda a Shenzhen, affermando che la "licenza temporanea di 90 giorni" degli Stati Uniti non ha molto senso per il colosso cinese: "La cosa più importante è fare al meglio tutto ciò che è in nostro potere".

Lo stesso Ren Zhengfei ha poi affermato che i politici statunitensi hanno sottovalutato la forza di Huawei e che la tecnologia 5G del colosso cinese non subirà ripercussioni. Nei "periodi di pace", infatti, la metà dei chip di Huawei è stata importata dagli Usa, mentre l’altra metà è stata realizzata dall’azienda stessa. La compagnia cinese è quindi in grado di produrre gli stessi chip realzzati negli Stati Uniti.

Anche se questo non significa per forza di cose che non ne acquisterà più di nuovi.

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