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Libia, droni francesi per cercare gli italiani

Il governo potrebbe aver chiesto aiuto a Parigi per le ricerche dei due italiani rapiti in Libia. Secondo fonti della Stampa, i droni dell'Armée de l'Air sarebbero pronti a decollare da una base avanzata in Niger

Libia, droni francesi per cercare gli italiani

Alle operazioni di ricerca di Bruno Cacace e Danilo Calonego, i nostri connazionali rapiti insieme ad un cittadino canadese il 19 settembre scorso nei pressi di Ghat nel Fezzan libico, potrebbero partecipare anche i droni dell’Armée de l’Air di Parigi. Secondo l’inviato de La Stampa a New York, sarebbe questa, infatti, l’ultima indiscrezione che circola riguardo il sequestro dei due dipendenti della Con.i.Cos di Mondovì.

E sembra un’ipotesi credibile, visto che è la Francia il Paese a disporre, in questo momento, dei mezzi più adeguati per controllare la vasta area desertica del Fezzan. Una terra di frontiera che sfugge al controllo delle autorità libiche, dove si sviluppano i traffici e le scorribande di gruppi islamisti come Al Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi), Ansar al Sharia e al Mourabitoune, l’organizzazione dell’emiro del Sahara, Mokhtar Belmokhtar. I droni, se l’ipotesi fosse confermata, decollerebbero da Madame, un vecchio forte coloniale nel deserto nigerino, trasformata, un anno fa, in una nuova base operativa avanzata dell’esercito francese, nel quadro dell’operazione Barkhane, con cui la Francia ha dispiegato oltre 3mila effettivi per il contrasto al terrorismo islamico nella regione del Sahara-Sahel.

A Madame, che si trova nella regione di Agadez e dista soltanto un centinaio di chilometri dalla frontiera con la Libia, sono schierati circa 200 uomini dell’Armée di Parigi, assieme a mezzi militari, elicotteri e droni. Proprio ai militari di stanza a Madame, scrive Francesco Semprini, citando fonti del quotidiano torinese, l’Italia potrebbe chiedere aiuto nelle ricerche dei due italiani rapiti. O potrebbe addirittura averlo già fatto.

Il contingente francese nel Sahara Sahel è stato dispiegato in cinque Paesi, Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger, per preservare gli obiettivi raggiunti nell’operazione Serval, con la quale la Francia è intervenuta nel nord del Mali, per combattere i terroristi di Aqmi e Ansar al Din nascosti nelle montagne dell’Adrar, durante la guerra civile tra i Tuareg dell’Mnla e il governo di Bamako del 2012-2013. Nel 2014 Parigi ha quindi lanciato l’operazione Barkhane, con il duplice obiettivo di combattere il terrorismo nella regione saheliana e di contribuire al rafforzamento della stabilità politica e militare dei governi delle sue ex colonie.

Mentre proseguono le ricerche, ancora nessuna conferma però è arrivata riguardo la matrice del sequestro. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, non ha confermato, ma nemmeno smentito le dichiarazioni fatte nei giorni scorsi dal portavoce delle milizie del generale Haftar, che aveva affermato di leggere “la firma di al Qaeda” sul sequestro. L’ipotesi di un coinvolgimento di al Qaeda “non è assolutamente fondata”, invece, per il presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre. Un’ipotesi respinta nei giorni scorsi anche dal Consiglio comunale di Ghat.

Intanto, secondo fonti libiche citate dal sito “al Wasat”, la squadra di investigatori italiani arrivata ieri a Ghat, per indagare sul rapimento, avrebbe già lasciato la città in serata, per “l'impossibilità di condurre le indagini a causa della scarsità dei mezzi a disposizione, in particolare per la mancanza di benzina e di Jeep”.

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