Mare nostrum, navi altrui Soccorsi "scaricati" sui privati

Gli armatori sono in rivolta, la Marina non ce la fa a tener dietro agli sbarchi: "Un intervento su quattro tocca a noi. Obbligati a intervenire. A spese nostre"

Mare nostrum, navi altrui Soccorsi "scaricati" sui privati

La punta dell'iceberg è la storia della nave cisterna costretta ad interrompere per 8 volte in quindici giorni il trasporto di gas libico diretto in Italia per correre in soccorso dei migranti. Con una perdita secca per l'armatore italiano di 83.200 dollari. Pari a 65.351 euro al cambio attuale. Ma non è un caso né raro, né eccezionale. Dietro le singole denunce degli armatori costretti a partecipare «obtorto collo» - e a spese proprie - alle attività di salvataggio di Mare Nostrum si muove un «iceberg» capace di far colare a picco i commerci del Mediterraneo e azzerare la competitività delle nostre rotte. Quell'«iceberg» secondo i dati in mano a Confitarma, l'associazione degli armatori italiani, ha raggiunto dimensioni incontrollabili. «Per capire la dimensione del problema e il conseguente danno economico bisogna sapere - spiega una fonte de Il Giornale dentro l'Associazione degli armatori - che quasi 40mila dei 140mila migranti raccolti nell'ambito di «Mare Nostrum» non sono stati salvati della Marina Militare o della Guardia Costiera, ma da navi mercantili. E il 25 per cento di queste erano italiane». Insomma mentre il ministro degli Interni Angelino Alfano smentisce i propri collaboratori spiegando di non voler finanziare l'accoglienza degli immigrati nelle famiglie italiane al costo di 30 euro al giorno , come proposto dal sottosegretario Domenico Manzione, Il Giornale mette il dito su un'altra piaga della missione Mare Nostrum. Non più tardi di mercoledì sera, la Guardia Costiera ha ordinato ad una petroliera italiana di cambiar rotta per andare a recuperare 335 fra uomini, donne e bambini alla deriva su una zattera. «In questo caso - spiega un'altra voce degli armatori - il problema non è solo economico. Le petroliere sono imbarcazioni con spazi angusti, studiate, in quel caso, per navigare con equipaggio di solo 16 persone. Far spazio a 300 persone su un'imbarcazione del genere è pericoloso non solo per la navigazione, ma anche per la salute dei marinai privi di strumenti per la prevenzione di eventuali contagi. E per gli stessi naufraghi che rischiano quantomeno un'intossicazione». Eppure proprio le navi mercantili, come scoperto da Il Giornale , sono le preferite dai trafficanti di uomini che studiano la loro rotta per indirizzarvi i barconi carichi di clienti. «Marine Traffic è un sito internet gratuito e di libero accesso che riporta posizione e rotta di tutte le navi mercantili in navigazione ai quattro angoli del mondo. - spiega un armatore italiano assai attivo sulle rotte libiche - grazie a quel sito i trafficanti individuano le navi più vicine alla costa libica, scelgono quella preferita in base a grandezza e nazionalità e v'indirizzano il barcone in partenza. Ormai è come andare ad un appuntamento all'ora preferita, con la nave desiderata». Il racconto è confermato anche dalle fonti dell'associazione degli armatori. «È tutto assolutamente vero. L'uso del sito di Marine Traffic è in voga da parecchio tempo e questo crea problemi soprattutto alle petroliere o ai traghetti costretti a seguire una rotta fissa. Rispondere ad una richiesta di salvataggio transitata dalle sale radio dalla Marina Militare o dalla Guardia Costiera è obbligatorio e così qualche armatore italiano si ritrova costretto a interrompere i viaggi delle proprie navi per 5 o sei volte di fila in periodi di tempo assai brevi». L'obbligatorietà del soccorso in mare e il salvataggio dei migranti orchestrato attraverso le sale radio di «Mare Nostrum» finisce con il metter a rischio, come scoperto da Il Giornale , la sicurezza degli operai e dei tecnici che lavorano nei numerosi impianti d'estrazione al largo delle coste libiche. Per garantire al meglio la loro incolumità tutte le piattaforme devono tener ormeggiate delle imbarcazioni d'appoggio capaci di portare soccorsi o trasferire il personale in caso di emergenza.

Ultimamente però anche le piattaforme sono diventate un punto di riferimento per i barconi dei migranti e le sale radio di «Mare Nostrum» hanno incoraggiato, stando a quanto segnalato a Il Giornale , l'entrata in azione dei vascelli d'appoggio obbligati, per contratto, a restar ancorati agli impianti off-shore. Così nel nome di «Mare Nostrum» si sono calpestate le basilari norme di sicurezza studiate per garantire la salvezza dei lavoratori delle piattaforme in caso di esplosione o d'incendio.

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