New York, ecco cosa potrebbe scrivere l'Isis per rivendicare l'attentato

Sfruttando un modello previsionale applicabile, possiamo provare ad immaginare il contenuto della rivendicazione che l'Isis potrebbe pubblicare sulla rete

New York, ecco cosa potrebbe scrivere l'Isis per rivendicare l'attentato

Tra poche ore l’Isis potrebbe diffondere sulla rete la rivendicazione per il fallito attentato di ieri avvenuto sotto il capolinea degli autobus della Port Authority, ad un isolato da Times Square, a New York. Sfruttando un modello previsionale applicabile, possiamo provare ad immaginare il contenuto della possibile rivendicazione.

Il modello previsionale applicabile

Nel momento in cui scriviamo, l'Isis non ha ancora rivendicato l'attentato. Potrebbe farlo. Fino allo scorso settembre la propaganda Isis era strutturata sulla immediata rivendicazione per dare l’illusione di una portata globale: una tattica che ha fatto molto presa in Europa. Tuttavia nel fallito attentato avvenuto il 15 settembre scorso all'altezza della stazione di Parsons Green, nella zona residenziale di Fulham, l’Isis ha adattato la sua propaganda. L’episodio non è stato ignorato, ma lodato. La mancata deflagrazione del rudimentale IED è stata del tutto accantonata, privilegiando le capacità del gruppo di colpire il Regno Unito per la quarta volta in sei mesi. Ed è ciò che l’Isis (nella sua forma ufficiale e non simpatizzante sconosciuta) potrebbe scrivere (al-Naba?), probabilmente su forma metrica standard.

Come si scrive una rivendicazione

Prendendo a riferimento le precedenti rivendicazioni, l'Isis potrebbe scrivere un breve testo tipo:

“Un nostro soldato dello stato islamico (molte volte l'Isis ignorava perfino il nome dell’esecutore materiale del gesto come nel caso di Sayfullo Saipov, mai citato) ha dimostrato l'inadeguatezza delle contromisure occidentali, facendosi beffa dei loro sistemi di sicurezza...”

Le rivendicazioni solitamente non richiedono forme di saluto.

Per dare prova di quel piano globale del terrore, il media operative (ricordiamo elevato allo status di Mujaheddin già nel 2014) potrebbe anche menzionare nello stesso testo i precedenti episodi come quello di Las Vegas ad opera di Abu Abdul Barr al Amriki, il presunto nome arabo di Stephen Paddock. La guida "Media Operative, You Are a Mujahid, Too" rappresenta un cambiamento nella strategia di comunicazione salafita-jihadista per tutte le operazioni di informazione. Possibile un frequente utilizzo della parola "crociati" con anomalia della prima lettera scritta in modo differente in diverse parti del testo.

Tutte le parole riferite all’Occidente inteso come nemico sono sempre scritte in minuscolo in segno di disprezzo poiché non potrebbero stare sullo stesso piano letterale e simbolico delle altre come Allah, Dio o Jihad. Nella loro retorica le crociate invocano una guerra difensiva dell'Islam contro l'Occidente invasore. Secondo la distorta visione dell’Isis, il mondo è diviso in due parti (il riferimento è al discorso dell’ex Presidente Bush): o si è dalla parte dei crociati o con l’Islam. E’ uno stratagemma culturale nel tentativo di unire tutti i musulmani in una guerra religiosa. La strategia dialettica ha un fine ben preciso: inquadrare il conflitto in un’ottica religiosa e politica. Con il termine “crociati” l’Isis identifica tutti i nemici dell’Islam. L’ossessivo utilizzo della parola nei testi è strutturato per rendere sempre viva nella mente nei lettori il ruolo dell’Occidente come storico invasore e nemico religioso. Poiché non esiste distinzione (il contenitore crociato annovera tutti i nemici), si rendono implicitamente colpevoli anche i civili, rei di supportare e legittimare qualsiasi tipo di conflitto in Medio Oriente. Ecco perché anche i “crociati civili” diventano obiettivi legittimi di una guerra. Nelle nozioni storiche date ai lettori, l’Isis spiega che i crociati sono sempre stati sconfitti nel tempo nonostante i loro diversi tentativi di soggiogare il Medio Oriente. Il termine, quindi, rientra in un preciso messaggio di speranza, lotta e vittoria ciclica. Dichiarando gli occidentali come crociati, l’Isis tenta di legittimare la sua battaglia contro coloro che vogliono conquistare la terra della fede, screditando tutti i loro sforzi bellici. L'Isis si definisce come il ramo puro dell'Islam nella sua forma più vera, la sua autorità si basa sulla religione.

Il concetto di "stupidità dei crociati"

L’obiettivo di ogni rivendicazione è quello di ridicolizzare l’apparato di sicurezza dell'Occidente ribadendo che il volere divino non è mai il medesimo e che si realizza tramite azioni semplici ed immediate. Probabile, infine, il riferimento alle presunti capacità di “influenzare la politica statunitense”, passaggio costantemente inserito fin dal 104esimo numero di al-Naba. Quella definita come “stupidità dei crociati” è più volte menzionata nei testi jihadisti come ad esempio nel nono numero di Rumiyah diffuso il sei maggio scorso o nell’edizione di Dabiq nel novembre del 2015. La letteratura jihadista va interpretata, non semplicemente tradotta in modo letterale. La stupidità va intesa come l’inefficacia dell’occidente nel prevedere e contrastare in modo efficace un’azione violenta isolata. Approfondendo il concetto, la stupidità crociata rappresenta l’occasione favorevole per colpire. Nella reinterpretazione teologica, la finestra temporale utile è sempre di ispirazione divina.

La propaganda è essenziale per la sopravvivenza dell’Isis sia come gruppo che come idea per coltivare quella profondità strategica digitale. È un meccanismo prezioso con il quale far valere l’acquiescenza nel suo proto-Stato ed un’arma penetrante con cui affermare la propria egemonia terroristica all’estero. Negli anni a venire, servirà come bandiera attorno alla quale i veri credenti del califfato si raduneranno, una volta perduti i territori.

La strategia di comunicazione politica coercitiva

Il terrorismo è un fenomeno lucidamente razionale, all'interno di una più ampia strategia di comunicazione politica coercitiva, dove la violenza viene usata nella deliberata creazione di un senso di paura per influenzare un comportamento e un determinato gruppo di destinatari. L'illusione di una tattica indiscriminata è essenziale per colpire psicologicamente coloro che sono sfuggite alle conseguenze fisiche di un attacco terroristico. Queste risposte comportamentali per massimizzare l'utilità negli ambienti strategici dinamici, sono riconducibili ad una logica strumentale alla base dei piani di azione. La razionalità procedurale spiega come il terrorismo è il prodotto di un'analisi logica del costo-beneficio, dell'utilità prevista e delle strategie coercitive all'interno di una serie limitata di opzioni disponibili per i gruppi politici non statali. Possiamo quindi affermare che l’attentato terroristico in se è un’azione razionale sorprendente che bilancia immediatamente le forze con il nemico (lo Stato) in un arco temporale strettamente limitato.

Il terrorismo è il paradigma rivoluzionario della nostra epoca

Ogni evento necessita di un contesto: il terrorismo è il paradigma rivoluzionario della nostra epoca. Come nessun’altra ideologia in Europa, l’Isis offriva in svariati soggetti un immediato senso di appartenenza. Elementi dal passato criminale con forme di delinquenza giovanile, disadattati, scontenti, soggetti schiacciati dalla società o giovani insospettabili. È proprio quel il senso di appartenenza anelato da tali individui poi consacrati alla causa della jihad che andrebbe analizzato. L’Isis garantiva una finestra di visibilità unica: da zero ad eroe (antieroe per l’occidente). Come ben sappiamo, l’Isis ha perfezionato l’utilizzo di internet, ottimizzando una macchina della propaganda pronta ad attivarsi per esaltare le gesta di un attentato nel mondo. Negli ultimi due anni abbiamo assistito ad una procedura standard: il simpatizzante compiva la strage, l’Isis otteneva uno spot di portata globale determinato anche dall’assenza dei protocolli di esposizione sui media. Chiunque, senza alcuna particolare abilità, ma solo con una volontà di ferro, ha già dimostrato di poter uccidere la gente e farsi ammazzare partecipando al macabro rituale degli omicidi. La maggior parte non ha avuto bisogno di una motivazione individuale. Avvenuto l’attacco l’Isis poneva il proprio sigillo, glorificando gli esecutori ed il loro martirio nella jihad contro i miscredenti. La rete fa il resto. Romanzando il successo del terrore lo si rende accessibile a chiunque. Il terrorista della porta accanto, nonostante possa ricevere un indottrinamento sul campo, non potrà mai essere considerato alla stregua di un soldato, ma ha dalla sua l’anonimato e quella capacità di essere insospettabile.

La mancanza di prospettive sia reali che percepite è il comune denominatore di tali soggetti. Questo non equivale semplicemente alla privazione socioeconomica. Per alcuni si tratta di angoscia quintessenziale adolescente. Per gli altri, però, tale mancanza di prospettive deriva da una vita di sogni infranti e da esperienze quotidiane difficili come il considerarsi cittadini di seconda classe nel proprio paese. La mancanza di prospettive non è chiaramente semplicemente la mancata occupazione o la discriminazione (sebbene uno non dovrebbe mai sottovalutarne l’impatto), si tratta di sentirsi intrappolati. Il jihadismo parla come nessuna altra ideologia agli ambienti formati da disadattati, scontenti, insoddisfatti, emarginati e schiacciati dalla società. Dibattiti febbrili sulla migrazione e sull’Islam, continueranno a determinare terreno fertile per la prossima evoluzione ideologica che prenderà il posto dell’Isis. Senza un approccio culturale serio, i messaggi radicali ed ultra-ortodossi continueranno a plasmare le future generazioni di terroristi. Come paradigma rivoluzionario della nostra epoca, il pensiero jihadista si rivolge a coloro che si sentono esclusi ed oppressi nel paese in cui vivono.

I fattori rigeneranti del terrorismo

La natura ciclica del terrorismo si basa su tre fattori rigeneranti. Il primo è legato all’esperienza storica delle organizzazioni radicali che sono riuscite a fondere la jihad con il terrorismo. I media occidentali hanno poi contribuito a perpetuare questa concezione errata. Sfruttando i conflitti locali si forma un’ideologia religiosa che si basa sul ripristino di una forma di califfato per un confronto con l’infedele Occidente. Il secondo fattore ruota attorno all’ideologia simile di questi gruppi che consente loro di raggiungere obiettivi generali condivisi senza un coordinamento organizzativo. La loro forza deriva dall’ideologia, non dai leader che possono essere eliminati. La forza centrale di queste organizzazioni è la loro base radicalmente islamica che ha un’ampia portata e che permette loro di continuare a produrre nuovi gruppi terroristici. Il terzo fattore di cui godono questi gruppi è la loro grande capacità di sfruttare le condizioni locali, come l’instabilità, i conflitti politici e settari. La forza militare è necessaria ma ha un effetto temporaneo poiché i terroristi sono in continua evoluzione e adattamento che a sua volta si traduce in longevità.

Ancora oggi si ignora il piano dell’Occidente per azzerare i fattori rigeneranti alla base della natura ciclica del terrorismo. Ricordando il concetto di nebbia di Lawrence d’Arabia ed i pesci di Mao, il terrorismo è un’ideologia.

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