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Spagna, Rajoy rinuncia a formare un nuovo governo

Mariano Rajoy ha respinto in serata la proposta di re Felipe VI di tentare di ottenere l'investitura del Congresso dei deputati

Spagna, Rajoy rinuncia a formare un nuovo governo

Colpo di scena a Madrid, dove contro ogni attesa il premier uscente, il popolare Mariano Rajoy, ha respinto in serata la proposta di re Felipe VI di tentare di ottenere l'investitura del Congresso dei deputati. La mossa a sorpresa di Rajoy spiazza gli analisti, che prevedano si sarebbe sottoposto anche se con poche speranze di farcela al voto del parlamento, e rilancia la complessa partita a scacchi politica aperta dalle legislative del 20 dicembre che hanno eletto un Congresso quasi ingovernabile. Il gesto del leader del PP, arrivato primo alle politiche ma senza maggioranza, è una reazione all'annuncio venuto poco prima dal leader di Podemos Pablo Iglesias dell'imminente avvio di trattative con il Psoe di Pedro Sanchez per formare un governo "del cambiamento". "Ho detto al re che in questo momento non ho una maggioranza" ha spiegato Rajoy, chiarendo però di "non rinunciare a nulla".

Non ha senso, ha aggiunto, sottoporsi al voto del Congresso "quando altri già procedono alla distruzione dei portafogli in un altro governo". Iglesias oggi ha chiesto sei ministri, fra cui quelli di interni e difesa, in un possibile governo Sanchez, e la poltrona di vicepremier per se stesso. "Siamo qui per governare" ha chiarito. Ma i numeri ancora non ci sono, per nessuno. Nel nuovo, frammentato Congresso dei deputati il Pp ha 123 seggi su 350, il Psoe 90, Podemos e i suoi alleati 69, Ciudadanos 40, gli indipendentisti catalani 17, quelli baschi 2, come Izquierda Unida (Iu), e 6 i nazionalisti baschi del Pnv, possibili alleati di Sanchez. Rajoy, che propone una Gran Coalicion con socialisti e Ciudadanos, per ora non ha ottenuto alcun appoggio. Sanchez lavora invece a una 'coalizione alla portoghesè con Podemos, Iu e i baschi in nome del 'tutti contro Rajoy', che passerebbe con l'astensione degli indipendentisti. Ma le incognite sono ancora tante, e rimane forte il rischio di un ritorno alle urne in primavera se entro due mesi la Spagna non avrà un nuovo governo. Re Felipe riprenderà le consultazioni con i partiti mercoledì. Dovrebbe poi proporre a Sanchez di tentare a sua volta. Per ora non c'è stato alcun negoziato fra il Psoe e i suoi possibili alleati e i dubbi nonostante la ferrea volontà di Sanchez e Iglesias di andare al potere sono tanti. Podemos ha chiesto un referendum sull'indipendenza della Catalogna cui i 'baronì del Psoe si oppongono duramente.

Una rivolta interna non è esclusa al Consiglio federale socialista del 31 gennaio. Tanto più che anche i nazionalisti baschi sono per il 'diritto di deciderè, cosi come gli indipendentisti catalani dalla cui astensione dipenderebbe l'investitura di Sanchez a maggioranza relativa (167 'sì, contro i 163 'nò di Pp e Ciudadanos). L'ingresso di Podemos nel governo suscita inoltre dubbi nella sinistra moderata e nel mondo economico, sintetizzata dal titolo oggi del lungo editoriale di El Pais: "Rajoy non può, Sanchez non deve".

La testata storica della Spagna progressista invita Rajoy a farsi da parte per consentire una allenza moderata con il Psoe, e Sanchez a rinunciare a un "inconguo amalgama" che "potrebbe consentirgli di ottenere l'investitura, ma non, ne siamo convinti, di governare".

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