Politica

Montezemolo: questo maggioritario non ci piace

«Servirebbe una moratoria della campagna elettorale per andare tutti alla Ue a chiedere e ottenere una fiscalità di vantaggio»

Guido Mattioni

nostro inviato a Capri

«I sistemi elettorali sono un mezzo, non un fine e quello che interessa agli industriali è solo la governabilità, ovvero che cosa succederà dopo le elezioni. Chiunque sia il vincitore». Ritorna così, salomonico se non pilatesco, il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, sul tema politico del momento affrontato con veemenza venerdì, nella prima giornata della convention caprese dei giovani imprenditori, proprio dal suo alter ego under quaranta, Matteo Colaninno. Che aveva lanciato un inequivocabile «j'accuse» contro il sistema proporzionale.
«Il maggioritario attuale non funziona come vorremmo», esordisce Montezemolo. «E questo - articola - per via dei poteri di veto delle ali estreme degli schieramenti; perché è un sistema che ha finito per incorporare i difetti di entrambi i meccanismi elettorali, cioè eccessivo peso dei piccoli partiti e leaderismo spinto». Così, continua il numero uno di Viale dell'Astronomia «il bipolarismo all'italiana ha fatto fatica a praticare la convergenza sui temi bipartisan, quelli sui quali il Paese non deve dividersi». Inoltre, «come dimostrano le ultime tre legislature, la mancanza di coesione delle coalizioni non ha consentito di varare molte delle grandi riforme che sarebbero state necessarie». La conseguenza, ricorrendo alla terminologia aziendale, è che «il “prodotto governo” non è stato all'altezza della situazione. Non a caso proprio su questo è venuto un forte richiamo dalla società di rating Standard & Poor, per il passato e per il futuro».
Riferendosi alla posizione assunta da Colaninno - «I giovani hanno indicato una scelta precisa» - Montezemolo afferma invece che, senza entrare nel merito delle varie soluzioni, «alle imprese piacerebbe un sistema che valorizzi le forze più responsabili di entrambi gli schieramenti politici attuali. Con l'obiettivo di avere più energia per fare, per riformare e meno preoccupazioni di pretendere o assicurare poteri di veto». Perché è questo, insiste Montezemolo, «che produce la possibilità di governare anche assumendo le scelte impopolari di cui il Paese ha bisogno».
Paese che, a detta del presidente di Confindustria, si pone domande su altri temi, più che sulla riforma del meccanismo di voto. «Come sappiamo noi imprenditori - spiega - le preoccupazioni degli italiani sono altre: sono l'occupazione, l'andamento del potere d'acquisto e la crescita dell'economia». Preoccupazioni legittime che, per Montezemolo, ruotano attorno a quello che per Confindustria è il nodo fondamentale: «Trovare le risorse per investire sul futuro». E per farlo, aggiunge, «esistono poche strade obbligate». Elencando: fare scelte vere per bloccare la spesa corrente; allineare alla media europea la tassazione delle rendite finanziarie; riprendere con decisione la via delle liberalizzazioni; contrastare seriamente il sommerso; e infine attuare una politica fiscale che, a partire dall'Irap, sintetizza Montezemolo, «tolga pesi a chi produce ricchezza».
Il combinato disposto di queste strade obbligate e di quelle che lui battezza (non da oggi) «le cinque priorità» - ovvero concorrenza, ricerca e innovazione, istruzione e formazione, infrastrutture e logistica, semplificazione - può consentirci, aggiunge Montezemolo, «di prendere il toro per le corna e di tornare a crescere. Non solo è possibile, ma io sono profondamente convinto che l'Italia abbia davanti a sé un grande potenziale». Anche perché, «paradossalmente, proprio di fronte alle difficoltà di solito diamo il meglio di noi stessi».
Un ottimismo, il suo, velato soltanto da quella che lui definisce «una delle mie passioni civili, di cittadino e di presidente di Confindustria». E cioè quel «futuro del Sud che dipende da tutti noi» così come «il nostro futuro dipende dal modo e dalla velocità con cui aiutiamo il Sud».

E proprio per questo Montezemolo chiude il suo intervento chiedendo a governo e opposizione «un'interruzione della campagna elettorale per il tempo necessario di andare tutti a Bruxelles a chiedere e ottenere quella fiscalità di vantaggio che non può essere uno strumento dei soli Paesi dell'Est».

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