È morto a Milano Giovanni Pesce l’ultimo «gappista»

È morto a Milano Giovanni Pesce l’ultimo «gappista»

«Ather Capelli!». Il direttore della Gazzetta del Popolo, quotidiano torinese, stava entrando nell’androne della sua casa di Moncalieri: si girò al richiamo e piombò a terra crivellato da una scarica di mitra. Erano le 13 del 31 marzo 1944. L’omicidio era stato compiuto con la tattica dei Gap, i Gruppi di azione patriottica fondati dal Pci sull’esempio della Resistenza francese: il pedinamento, il nome gridato per essere sicuri dell’identità della vittima, i colpi, la fuga. Il giornalista, 42 anni, aveva trascorso la mattinata a Torino in redazione discutendo di lavoro con il collaboratore Indro Montanelli, poi era rientrato a casa per il pranzo. Il killer sarebbe rimasto sconosciuto, se non fosse stato lui stesso a rivelarlo nel libro Soldati senza uniforme uscito a Roma nel 1950, in cui Giovanni Pesce raccontava come aveva ucciso il giornalista «fascista» Ather Capelli. Il gappista Giovanni Pesce, nome di battaglia «Visone», è morto ieri a Milano. Aveva 89 anni ed era forse l’ultimo rappresentante della formazione clandestina che agì a Torino e a Milano dal ’44 al ’45 e alla cui tattica si ispireranno molti anni dopo i brigatisti rossi. I Gap, di cui Pesce a Milano era il comandante, erano infatti minuscole squadre segrete all’interno delle stesse formazioni partigiane, solo i componenti della squadra si conoscevano tra di loro, all’esterno conducevano per lo più una vita normale da impiegati od operai. Alcuni invece operavano in totale clandestinità.

Nato a Visone (Alessandria) nel 1918, Pesce aderì al Partito comunista d’Italia nel 1935 in Francia dove era emigrato, in seguito combatté in Spagna nelle Brigate Garibaldi. Per l’uccisione di Ather Capelli ed altre simili azioni partigiane, Pesce dopo la guerra è stato insignito di medaglia d’oro al valor militare.

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