Nuovo e perentorio richiamo della Casa Bianca nei confronti della Russia: Mosca «deve» ritirare le sue truppe dal territorio georgiano «adesso». Così si è espresso ieri, dal ranch texano di Crawford dove il presidente Bush trascorre alcuni giorni di riposo, il portavoce della Casa Bianca Gordon Johndroe, precisando che secondo gli Stati Uniti Mosca sta violando l’impegno che aveva assunto a ritirarsi dalla Georgia.
Johndroe ha anche aggiunto di non essere in grado di immaginare una circostanza in cui gli Stati Uniti possano impegnarsi in una cooperazione militare con Mosca fino a che la situazione in Georgia non sarà risolta. Evento che appare da ieri vieppiù remoto, dal momento che la Russia ha confermato (lo aveva già annunciato a Bruxelles martedì scorso) la sospensione di tutte le attività di collaborazione militare con la Nato. Decisione definita «deplorevole» dal Dipartimento di Stato americano. Che forse pensa anche alle nuove difficoltà che incontreranno i collegamenti con l’Afghanistan.
Ai richiami della Casa Bianca ha risposto ineffabilmente il comandante delle forze russe di terra, Vladimir Boldyrev: «Il ritiro dei militari russi che hanno rafforzato le fila dei peacekeeper in territorio georgiano sta avvenendo secondo quanto previsto e sarà completato entro dieci giorni». Parole che hanno il sapore della presa in giro, dal momento che appena ieri mattina il vice capo di stato maggiore Anatoly Nogovitsyn aveva detto che il ritiro sarebbe stato completato entro oggi. In serata è dovuto intervenire il ministro della Difesa Anatoly Serdjukov per confermare che entro oggi i russi se ne andranno. I dubbi comprensibilmente rimangono. «Finora ci sono stati solo movimenti minimi - ha detto un portavoce del Pentagono da Washington - e non ci sono grandi prove di un ritiro russo significativo».
Si aggiunge anche un nuovo elemento di disputa: la Russia intende ora infatti stabilire una zona cuscinetto attorno all’Ossezia del Sud, nella quale prevede di mantenere 500 militari, in pieno disaccordo con le autorità georgiane.
In questo quadro già molto difficile le Repubbliche secessioniste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud chiedono con toni sempre più insistenti che Mosca riconosca la loro indipendenza: si tratta di un disegno da tempo concordato con il Cremlino, che agisce ponendosi come protettore degli abkhazi e degli osseti sostenendo i loro diritti all’autodeterminazione così come l’Occidente ha fatto con il Kosovo, provincia dei suoi alleati serbi che americani ed europei hanno fatto accedere all’indipendenza.
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