Pedro Armocida
da Roma
Oggi Marco Müller appare molto più forte e sicuro di sé. Alla conferenza stampa di presentazione - come sempre affollatissima - della sua terza edizione, il direttore della Mostra Internazionale dArte Cinematografica numero 63 (al Lido di Venezia dal 30 agosto al 9 settembre), inizia a dire come la pensa veramente sulla rotta che dovrebbe prendere la più antica manifestazione di cinema del mondo. E lo fa a suo modo, in un misto di prosa cinefila-filosofica da far invidia a Enrico Ghezzi: «Il pessimismo della ragione ci porterebbe ad affermare che il tempo dei festival volge ormai al suo culmine. Lottimismo della volontà invece ci porta a mettere a fuoco una frattura tra le più consuete idee-festival e la filosofia in movimento di una Mostra dArte». Perché nel momento in cui anche una nuova manifestazione in gestazione come quella di Roma rinuncia alla denominazione classica di festival per chiamarsi Festa, anche Venezia diventa «un festival-non-festival, uno spazio autonomo, un momento di rottura di equilibri cristallizzati dal conformismo, dallinteresse, dal vizio di abitudine». Senza dimenticare però, capolavoro lessicale, che «il cinema è anche unarte industriale sporcata dalla morchia del reale» e che «Venezia non è assolutamente lenta come qualcuno ha scritto ma è rock e, soprattutto, riesce a dare una visibilità speciale ai film presentati». Tanto che da tutto il mondo si fa a gara per esserci. Sono stati infatti più di 1.400 (330 in più dello scorso anno) i lungometraggi visionati dalla commissione di selezione (Luciano Barisone, Fulvia Caprara, Enrico Magrelli, Claudio Masenza, Ranieri Polese, «i cinque moschettieri» secondo Müller) e, alla fine, dei 62 titoli scelti per la varie sezioni, la Mostra propone una gamma che tocca più di 27 Paesi con tre nazioni (Ciad, Cipro e Indonesia) che non erano mai state presenti a Venezia. Particolare motivo di orgoglio per Müller è il fatto che per la prima volta nella storia della Mostra tutti e ventuno i film in concorso siano in anteprima mondiale «perché evidentemente - aggiunge il direttore - si ha fiducia nellaffetto preoccupato che Venezia può dare».
Per quanto riguarda i film italiani in concorso, ci saranno solo La stella che non cè di Gianni Amelio e Nuovomondo di Emanuele Crialese. Come anticipato nei giorni scorsi dal Giornale il terzo titolo italiano dato per sicuro, A casa nostra di Francesca Comencini, è stato dirottato da Rai Cinema alla Festa del Cinema di Roma per motivi dopportunità: tre film in concorso della stessa casa di produzione e nessuno di Medusa avrebbe acceso chissà quante polemiche. Ma la pattuglia italiana è ben nutrita e sparsa nelle altre sezioni, anche se per Müller il film in concorso di Jean-Marie Straub e Daniel Huillet, Quei loro incontri, «dovrebbe essere considerato a tutti gli effetti italiano». In realtà è una coproduzione francese. Ma al di là dei tecnicismi è la sezione Orizzonti (primo premio di diecimila euro di Groupama) a ospitare quasi tutti i film di casa nostra: Giuseppe Bertolucci con Pasolini prossimo nostro, Giovanna Gagliardo con Bellissime 2, la prima volta al cinema di Mimmo Paladino con Quijote, Gil Rossellini con Kill Gill (vol. 2), Gianluca Tavarelli con Non prendere impegni stasera e Daniele Vicari con Il mio paese. Infine Vittorio De Seta con Lettera dal Sahara è diventato un evento speciale.
Ma in questa Mostra dei film del nuovo mondo con una giuria presieduta da Catherine Deneuve e composta tra gli altri da Michele Placido, Bigas Luna e Cameron Crowe, grande spazio viene dato agli Stati Uniti che presentano ben tredici opere di cui quattro in concorso (tra cui spicca The Black Dahlia, lattesissimo film dapertura di Brian De Palma), con star internazionali come Scarlett Johansson, Josh Hartnett, Julianne Moore, Ben Affleck, Sharone Stone, Demi Moore, Meryl Streep, Jeremy Irons, Nicolas Cage che con ogni probabilità saranno presenti, confermando così la tendenza degli ultimi anni che vede gli americani ancora molto legati ai lidi veneziani. Forse anche perché - spiega Davide Croff, presidente della Biennale - «la Mostra prolunga la vita artistica e commerciale dei film ben oltre i giorni del Lido, basti pensare alle 23 nomination agli Oscar ottenute da opere presentate lo scorso anno».
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