La mozione Fassino prevale ma sconta l’«effetto-Veltroni»

La vittoria numerica era scontata, il tracollo politico forse un po’ meno visto il calibro dei personaggi scesi in campo nella capitale. A cominciare da Goffredo Bettini, per non parlare di Walter Veltroni, che nel giorno della «conta dei voti» nelle 130 sezioni romane dei Ds non ha speso una parola per il deludente 64,1% racimolato a Roma dalla «mozione Fassino» pro Partito democratico. Un’ovvia (e risicata) maggioranza «contabile», ma ben lontana dal 75% attorno a cui viaggia su scala nazionale la linea del segretario, comunque in flessione rispetto all’80% dell’ultimo congresso. Insomma, una netta sconfitta politica del cosiddetto «modello Roma». Ancor più eloquente se si considera che a far la parte del leone nella minoranza interna è stata la «mozione Mussi» contraria al Pd, che con il 22,9% ha sopravanzato di molto il pur lusinghiero e inatteso 13% della «mozione Angius».
Sarà un caso, ma ieri gli unici esponenti della Quercia romana a proferire verbo sono stati Esterino Montino e Nicola Zingaretti, entrambi «mozione Fassino», costretti dai rispettivi ruoli di segretario cittadino e regionale ad annunciare risultati che apriranno una serrata fase di confronto. E se Zingaretti ha potuto fare buon viso a cattivo gioco perché nel Lazio i diessini pro-Pd hanno superato seppur di un soffio il 70%, Montino non s’è potuto nascondere dietro un dito, e nel comunicare l’esito del voto cittadino s’è soffermato sul «carattere storico del partito romano, con una forte radicalità della sinistra», forse nel tentativo di marginalizzare la «dissidenza» interna politicamente vincitrice.
Nonostante i proclami di facciata, il moltiplicarsi degli appelli all’unità da parte della traballante maggioranza tradisce un certo nervosismo, oltreché il timore di scissioni ed emorragie. Perché è molto probabile che i «mussiani» capitolini, che già più volte hanno saputo portare avanti intelligenti politiche di dissenso rispetto a quel «modello Veltroni» di cui questa consultazione ha certificato il logoramento, faranno valere a Roma l’impennata di consenso rispetto alla media nazionale del 16%. L’appuntamento congressuale è fissato per il prossimo fine settimana, per l’elezione del nuovo segretario romano.

Zingaretti spinge per una candidatura «la più unitaria possibile»; il candidato in questione è Mario Ciarla, che in un recente convegno sul Pd ha invocato una lista unica già per le provinciali del 2008. Auguri a tutti e due.

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