È l’ultima mazzata alla musica tradizionale. Si chiama Google Music e promette di predicare una liquida democrazia musicale per i possessori del software Android. Un altro tassello e un altro web-store musicale (l’altro è iTunes) verso la pensione per una polverosa nicchia, l’alta fedeltà del lettore cd amplificato a dovere. Un settore in crisi dalla metà dei Novanta. Colpa delle mode che passano e di chi ha tirato troppo la corda, spacciando cavi spellati per accessori esoterici da diecimila euro al metro. Del resto bisognava ascoltare come Cristo comanda-va. Capolinea: l’appassionato collezionista di compact disc che ascoltava con casse alte come un ragazzino è al confino. Tramonta la musica come oggetto; una porzione rilevante di ciò che abbiamo fatto nel nostro tempo prezioso diverrà obsoleta. Il presente è on-line e l’ultima nuova è l’arrivo di Google Music, sistema integrato con Google Plus che se la dovrà vedere per l’egemonia con Amazon e iTunes. E presto arriverà su smartphone e tablet.
Andiamo con ordine. L’interfaccia è simile a quella di iTunes, si possono cercare schede di artisti e gruppi, nome dell’album o della canzone, leggere e scrivere recensioni e ricevere suggerimenti in base ai gusti tracciati da precedenti download. Anche con Google Music le canzoni possono essere scaricate sul pc, Mac o sullo smartphone Android pagando cifre variabili (per ora solo in dollari) che vanno da 0,99 a 1,29. Google Music è social: chiunque sia nelle tue cerchie potrà ascoltare, una sola volta, il brano postato e poi nel caso decidere di acquistarlo a sua volta. Anche l’ascolto potrà essere effettuato sia dal computer che dall’app mobile di Google Plus. Per ora sono presenti 13 milioni di brani (contro i 20 di iTunes e i 17 di Amazon) compresi quelli detenuti da Universal, Sony ed Emi; mancano Warner e Madonna.
Tutto questo significa l’addio del supporto fisico? Probabile, ecco le prove. La Pioneer punta alla nicchia del superaudio cd; la Linn, celebre per un lettore cd da 12mila euro, ha smesso di fabbricarli; nel sito di Classé Audio non c’è traccia di lettori digitali. Ancora. La Sony ha chiuso una fabbrica di dischetti. Presto seguiranno altre dolorose defezioni. Retromania canaglia. L’Italia, il paese del Futurismo, è popolo capofila che guarda al nuovo e sotterra a tutti i costi. Da noi si vendono meno dischi di altri Paesi e si scarica furiosamente e gratis. E poi c’è Youtube col suo smisurato anarchivio che ci vorrebbero 1700 anni per scaricarlo. Ormai capisci che è inevitabilmente capolinea quando Suono si occupa del Bryston BDP1, streaming player dei sogni, e la Ford annuncia che non monterà più lettori cd sulle proprie vetture. Di serie ci sarà solo la porta Usb. «Quando un nuovo medium si afferma, quello precedente non muore, ma è destinato comunque a essere ricollocato, ed è quanto accadrà al cd, che presto smetterà di essere il punto di riferimento per il mercato dei grandi numeri e si riposizionerà altrove, mentre il consumo musicale si sarà spostato sui canali digitali» spiega il sociologo Sergio Brancato.
Curioso destino quello del lettore digitale, presentato in pompa magna nel 1982 da Sony e Philips. La promessa di un suono pulito, fedele all’originale e senza più usura era dolce musica per orecchie audiofile. Ma il tempo trita anche i più logici intenti, come quello di sentire senza rumore. Per vincere la nostalgia servono menti illuminate, esperti del settore che ci diano un parere sul nuovo corso. Apre Franco Mussida dei Pfm. «Ci troviamo di fronte a una società distratta, la musica deve arrivare all’utente senza fronzoli, poltiglia, abbiamo un approccio sempre più al ribasso che mortifica il lavoro in studio. Poveri noi!». Coglie nel segno, come al solito, Linus: «Vorrà dire che ci sarà una divisione più netta tra dischi meritevoli di andare su cd e la parte più labile, liquida». Per Massimo Boldi la fine della musica su supporto «è come il cambio lira-euro. La verità è che non sono ancora abituato alla musica liquida che è una cavolata bestiale».
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