Muti entusiasma con il «Requeim» di Paisiello e la «Jupiter» di Mozart

Muti entusiasma con il «Requeim» di Paisiello e la «Jupiter» di Mozart

I concerti nelle chiese non servono tanto per ascoltare bene la musica, quanto per vedere finalmente bene illuminate le chiese.
Poi della musica conta se offre evidenze di grande comunicativa, effetti sonori che si possano districare dall’insieme papposo di suoni che si deposita in alto, fra echi e risonanze, e una forte personalità nel direttore, che si fa per istinto ed esperienza interprete dalla situazione d’emergenza e convoglia l’ascolto verso la capacità degli ascoltatori di capire e distinguere i percorsi e goderli nella straordinarietà del luogo e dell’incontro.
A Monza, in duomo, è andato tutto bene. Quanto al vedere, il monumento, splendido di per sé, con le luci che valorizzavano tutte le pareti e i soffitti ci facevano sentire in un mondo di figure dipinte con armonioso accanimento, con grande festa e felicità. Quanto agli interpreti, il gruppo fresco, simpatico, genuino dei giovani dell’orchestra Cherubini ha la sua bella fragranza, e il direttore, Riccardo Muti, era attentissimo a darci i segni decisivi delle composizioni.
Così, le arie del Requiem di Paisiello hanno navigato intense e rasserenanti, libere come canzoni, sapienti come invenzioni d’un maestro di grande scuola. Ce n’è una, Quaerens me sedisti lassus, dove l’emozione al pensiero di Dio che si fa uomo per noi - cercando me, proprio me - si esprime in tre note discendenti, come se iniziasse un ampio discorso, poi resta come nella confidenza, intenerita, e indugia nella piccola sequenza, e vorremmo che non ne uscisse mai. Una preghiera che non chiede, un canto che si insinua subito in noi: che cosa preziosa.
La sinfonia Jupiter di Mozart è più sacrificata dall’acustica, ma si difende da sola. Muti calcola esattamente i colori differenti dei temi trascinanti, solenni o buffi che entrano in gioco, nel primo tempo, stempera i contrasti in effusione lirica nel secondo e dopo aver creato sornione un’attesa nel terzo tempo, convoglia tutti nel tema raccolto e trionfale dell’ultimo.
Duomo gremito, applausi caldi e calorosi. Ma soprattutto facce orgogliose e contente. Non bisogna avere paura di offrire al grande pubblico i grandi eventi: al di là di culture e preparazioni, c’è nelle persone un intuito per cogliere la bellezza e l’importanza degli avvenimenti maggiori.

Una ripresa di primi piani degli sguardi tesi, dei sorrisi contenuti, della voglia di partecipare di quella gente così naturale che avrebbe potuto inserirsi tra i volti degli affreschi e dei quadri, in una luce di autenticità.

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