Muti, «Matrimonio» da favola E a Salisburgo è Napoli-mania

da Salisburgo

Complice il solleone, in questi giorni a Salisburgo si respira un’aria napoletana. Trovi la Napoli da cartolina, ricostruita dai fili di panni penzolanti lungo i vicoli, nei dintorni del quartiere generale del Festival: implacabilmente il numero uno d’Europa. Così come spuntano bancarelle con pietanze latine, mentre canti e assolo di mandolino vestono di mediterraneo le viuzze affollate.
Poi, c’è la Napoli colta, bottega ineguagliata di talenti musicali d’un passato remoto ma pure recente. Come quello incarnato da Riccardo Muti che per il secondo anno consecutivo (accadrà per altri tre) sta portando alla ribalta una serie di spartiti partenopei. E ciò, proprio a Salisburgo, durante il Festival di Pentecoste ormai registrato con il marchio: «Napoli, metropoli della Memoria». Una manifestazione che «è un biglietto da visita significativo per l’immagine di Napoli e dell’Italia», ha scritto Berlusconi a Muti.
Frugando negli archivi della Biblioteca napoletana, Muti ha portato allo scoperto la partitura de Il matrimonio inaspettato, dramma giocoso di Giovanni Paisiello che venerdì ha aperto le quattro giornate del Festival. Nella buca c’era l’orchestra Cherubini, al giro di boa: da luglio, scaduti gli anni di formazione con Muti, la compagine cambia volto con l’ingresso dei nuovi ragazzi per i quali già si sta mettendo a punto un programma di concerti. Spicca, per il 2009, il Demofoonte di Jommelli, a Salisburgo, Parigi e Ravenna. Fermo restando che, «l’obiettivo non è andare in giro per il mondo, ma imparare a stare eticamente in orchestra», rimarca Muti. Che allo scadere del quarantesimo anno di attività, ammette di non dirigere da un pezzo «per fare carriera, un nome credo di essermelo creato. Ora voglio fare qualcosa per gli altri». Quindi, nonostante le dieci settimane immolate alla Chicago Symphony, che dal 2010 lo avrà direttore stabile, quelle con la New York Philharmonic e i Wiener (i complessi che più di tutti tengono banco nell’agenda mutiana), il lavoro con la Cherubini non farà una piega. Immutate qualità e quantità di impegno: «Non voglio assistenti. Non credo nel direttore che arriva, fa il lavoro di pulizia e poi giunge l’artista», spiega.
Venerdì, la giocosità di Paisiello, lieve e sempre a un passo dal languore, ha conquistato Salisburgo che per tredici minuti ha applaudito, chiamato e richiamato gli artisti al proscenio scandendo - con erre germanica – i bravo ormai di prammatica. Ovviamente indirizzati a Muti: in Austria, a prescindere dall’orchestra che diriga, raccoglie un successo personale. Il matrimonio di Paisiello è un inaspettato gioiello di grazia, una miniera di arguzie, di sussurri e impeti aristocraticamente contenuti. Muti, poi, vuole un’orchestra tutta sulla parola, che sappia disegnare lunghi archi cantanti ma anche frantumarsi in una pioggerella di umoristici staccati: tutt’uno con le voci (qui la difficoltà della partitura). Troneggia il personaggio di Tulipano affidato a Nicola Alaimo, è in altalena fra canzonatura e malinconia sottile il Giorgino di Markus Werba: una faccia da schiaffi, nel senso che – come da regia - le busca dall’inizio alla fine dal padre, il vecchio Tulipano. Vezzosa la Vespina di Alessia Nadin, vero motore della vicenda, e nobile la Marchesa di Marie-Claude Chappuis. Solisti più la massa del solido Bachchor di Salisburgo che si muovono in una scena (di Sergio Tramonti) dominata da due case mobili in mattoncini rossi e pochi altri oggetti. La delicatezza del porgere musicale non sempre ha trovato corrispondenza nella regia di Andrea De Rosa che ai messaggi in codice di Paisiello e del librettista Piero Chiari preferisce il chiarimento e la sottolineatura.


Con la precisione di un orologio (sponsor ufficiale, la Lange & Sohne), a Salisburgo è già stata annunciata la prossima edizione del festival, dal 29 maggio 2009. Con Muti e la Cherubini alle prese con Demofoonte e la Missa defunctorum di Paisiello. È poi atteso un oratorio di Francesco Nicola Fago e Arie partenopee.

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