Quando si parla di libri, soprattutto sui giornali, c'è una forte tendenza a separare la saggistica dalla narrativa. E poi di procedere a separare i testi scientifici da quelli di natura umanistico-giuridica. Questa prassi in sé non ha nulla di male: è diretta espressione di una suddivisione millenaria del sapere. I Have Landed di Stephen Jay Gould (Codice, pagg. 452, euro 32, traduzione di Isabella C. Blum) è una raccolta di articoli, o forse sarebbe meglio dire di micro-saggi che hanno la peculiarità straordinaria di far saltare completamente un simile schematismo. A vantaggio del lettore italiano, è forse il caso di spendere qualche parola per spiegare chi sia l'autore. Non per pignoleria, ma per il semplice motivo che nel nostro Paese ciò che sfugge alle classificazioni, o non arriva o arriva tardi. Gould (1941-2002) è stato l'autore scientifico più tradotto del mondo. Zoologo di formazione, ha insegnato alla Harvard University e all'Università di New York. Il suo libro testamento è La struttura della teoria dell'evoluzione (in Italia uscito per i tipi di Codice), ma a renderlo famoso sono state le centinaia di articoli divulgativi pubblicati su Natural History, Time e New York Time. Parte dei quali sono raccolti proprio in I Have Landed. Di questi articoli, qualunque scienziato potrebbe magnificare il rigore formale e l'enorme portato divulgativo (Gould è considerato uno degli intellettuali più influenti del '900). Ma non sono questi meriti a rendere stupefacente l'autore e il suo libro, quanto piuttosto la capacità narrativa, l'attenzione alla quotidianità, l'abilità nel mischiare l'alto e il basso, l'evoluzione e i Simpson per raccontare il mondo alla gente. Così, l'articolo che dà il nome alla raccolta illustra il senso di appartenenza che è alla base dello studio dell'evoluzione. Mischia la storia di immigrazione della famiglia di Gould e i complessi legami fra i geni che avviluppano tutta l'umanità. Oppure, una manciata di pagine all'apparenza poco scientifiche riesce a creare uno stupendo quadro del funerale di Karl Marx, la cui salma è stata poi trasferita, quasi per burla, accanto a quella di Herbert Spencer, massimo sostenitore del mercato senza compromessi. E a partire da quel quadro, dalla strana presenza di un biologo politicamente conservatore - E. Ray Lankester - accanto al feretro del padre del comunismo, riesce a raccontarci un pezzo di storia culturale dell'Inghilterra con un piglio che farebbe invidia a qualunque storico. Sono soltanto alcuni esempi della facilità con cui Gould collega un discorso di Abraham Lincoln all'inefficienza dei cartelloni che segnalano partenze e arrivi negli aeroporti, per poi usare i cartelloni per spiegare il mutamento culturale. Esattamente come risultano memorabili le pagine su Vladimir Nabokov. Perché dell'autore di Lolita avrete sentito parlare in tutte le salse, ma difficilmente qualcuno ve l'ha raccontato a partire dalla sua carriera di entomologo che lo portò anche a essere research fellow di lepidotterologia al museo di zoologia dell'Università di Harvard. Certamente Gould gioca quando, in risposta ai critici letterari che si sono lamentati delle ore perse dal grande Vladimir con il retino in mano a cacciar farfalle piuttosto che a scrivere, dice: «I tassonomisti professionisti potrebbero provare un maggior rimpianto pensando alla perdita di diverse monografie scientifiche, immolate all'attività letteraria!». Quando invece si dedica a dimostrare il rapporto profondissimo fra creatività scientifica e letteratura, all'inestricabile simbiosi che lega l'arte allo studio dei fatti, è serissimo e trasforma quella di Nabokov, pur nella sua eccezionalità, in una case history. Una case history che cerca di sanare e di annullare proprio quella distinzione di ruoli fra letteratura e scienza, fra saggio e romanzo di cui parlavamo all'inizio. Nell'epoca degli specialismi, questa è probabilmente un'utopia, ma un'utopia bellissima. Un'utopia che lo stesso Gould ha incarnato giocando con la prosa senza paura di sporcarsi le sue scientifiche mani. In Italia a questo siamo poco abituati. Quando gli scienziati giocano al saggio non accademico lo fanno spesso armati di feroce spirito polemico e lancia in resta.
In questo caso, invece, siamo in tutt'altro campo. La polemica quando c'è è bipartisan (sono mazzate sia per gli ultra darwinisti, sia per i creazionisti beceri) e non è mai fatta per ferire. Semmai per convincere, in punta di ragione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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