Roma - Buonismo e ritualità addio: anche il 25 Aprile stavolta ha registrato fischi, polemiche, cerimonie contrapposte. Dietro una facciata unitaria, è stato un anniversario segnato dalla polemica fra i Poli. Ma anche dalla discontinuità, se è vero che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha commemorato la festa della Liberazione fuori dall’Italia.
È volato in Grecia, a Cefalonia, nell’isola dove 64 anni fa i soldati della Brigata Acqui, dopo l’8 settembre, decisero di non arrendersi ai tedeschi e andarono incontro al massacro. Un 25 Aprile militare, e non solo partigiano. E infatti il cuore del messaggio di Napolitano è: «La Resistenza non fu solo opera dei partigiani, di chi si rifiutò di servire la Repubblica di Salò, degli ebrei che cercavano di sfuggire a un destino di morte, e dei militari alleati che cercavano di fuggire dai campi di prigionia. No, la Resistenza ha avuto tra i suoi protagonisti anche i militari italiani chiamati a repentine, durissime prove all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943». E proprio questa nuova visione della Resistenza, come capitolo della storia italiana scritto anche dalle forze armate, aggiunge Napolitano, «può favorire un effettivo riconoscimento unitario del nostro Paese del valore della festa del 25 Aprile».
In Italia non si respira lo stesso clima anche se il premier Prodi assicura: «Siamo sulla strada giusta per una riconciliazione». La prima commemorazione è quella del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Una nota asciutta che ovviamente non passa inosservata: «Bisogna sempre dire grazie agli Stati Uniti - dice Berlusconi - per averci liberati. Molti giovani hanno finito la loro vita per salvare il nostro Paese». Subito dopo, il Cavaliere collega l’anniversario all’attualità: «Mi ha molto colpito la notizia della morte dei soldati americani in Irak. Questo è un fatto che deve colpire tutti dolorosamente. Gli Usa sono lì per far nascere la democrazia». Anche perché, alla vigilia, Berlusconi aveva detto: «Il 25 Aprile è una festa di parte». Così, per tutta la giornata, la presa di posizione del Cavaliere polarizza le polemiche. Attacca il presidente dei Verdi e ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio: «Il 25 aprile non sia solo un rito, ma diventi un ricordo concreto e un elemento forte di contrasto alla violenza. Spiace che Berlusconi, ancora una volta, inneschi la polemica: ora anche la Cdl - conclude Pecoraro - accetti l’antifascismo come valore». Subito dopo si aggiunge Vannino Chiti: «Quella di Berlusconi mi pare una contraddizione in termini - dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio da Firenze - perché se se ne condividono i contenuti vuol dire che non è di parte. Come ha detto il presidente Napolitano nel suo messaggio - aggiunge Chiti - il 25 Aprile non è solo una data storica, è un principio, il principio dell’Italia che cammina nella libertà, nella democrazia, con i valori e gli obiettivi della Costituzione. E su questi valori dobbiamo essere uniti». Anche il presidente della provincia di Roma Enrico Gasbarra è polemico con il Cavaliere: «Sbaglia Berlusconi a non celebrarlo. Il 25 Aprile è sempre stata la festa della libertà». Ma anche Gianfranco Fini, leader di An, introduce i suoi distinguo: «Il 25 aprile è una Festa di unità nazionale, ma ovviamente deve essere una festa all’insegna della verità storica e non della faziosità ideologica».
Il segretario dei Ds, Piero Fassino, invece esalta l’anniversario: «Le radici della Repubblica, della Costituzione e della democrazia italiana affondano proprio nella lotta partigiana e nella Resistenza».
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