Giorn-di-bordo

Negli approdi turistici torna l'incubo del porticidio perfetto

Lo Stato ignora la sentenza della Consulta e pretende l'aumento retroattivo dei canoni

Antonio Risolo

Tra gli operatori dei porti turistici torna l'incubo del porticidio perfetto. Ricordate il governo Monti che tra la fine del 2011 e l'inzio del 2012 fece scappare dai porti italiani circa 45mila barche? Fu un colpo mortale per le economie costiere già massacrate dalla crisi globale. Fortunatamente oggi nei nostri approdi turistici yacht e superyacht abbondano, ma sulle strutture incombe lo spettro del fallimento.

Com'è noto, dall'ultima finanziaria è stato escluso lo stralcio dei contenziosi con lo Stato di 25 porti turistici relativo all'applicazione retroattiva - a contratti già in corso - dell'aumento fino al 400% dei canoni demaniali imposto dal governo Prodi nel 2006, ultimo colpo di coda del prof di Bologna al governo.

E così lo Stato-padrone continua a infischiarsene della sentenza della Corte Costituzionale che recita testualmente: «I canoni possono essere aumentati, ma non retroattivamente, dovendosi distinguere fra i contratti di concessione in corso e quelli stipulati dopo l'entrata in vigore degli aumenti». Per non parlare del parere del Consiglio di Stato. Chiaro, no? No! Almeno per l'Agenzia delle Entrate che ha già cominciato a notificare cartelle milionarie, mentre il primo dei malcapitati si è già visto bloccare i conti correnti.

A nulla sono valse le proteste di Ucina Confindustria Nautica: «In continuità con il passato - recitava una nota ufficiale - si è scelto di rinviare ancora una volta una decisione, ora più che mai necessaria a evitare il fallimento di Stato delle imprese che travolgerebbe i 2.200 addetti delle strutture portuali interessate».

L'ultima chiamata è dei giorni scorsi quando una delegazione di Ucina è stata ricevuta dal ministro delle Politiche Agricole e del Turismo, Gian Marco Centinaio. Un incontro definito «positivo» da entrambe le parti, ma che non rassicura i gestori dei porti turistici e le migliaia di lavoratori.

Il presente incombe. Minaccioso. Perché l'Agenzia delle entrate - braccio armato dello Stato-padrone - a differenza della politica non perde tempo: pretende, indebitamente, i canoni arretrati e agisce di conseguenza. Domanda? Come è possibile imporre ai cittadini il rispetto di leggi e sentenze se lo Stato non le rispetta? Una sentenza della Suprema Corte fa giurisprudenza, quindi deve considerarsi «legge».

C'è disorientamento, soprattutto perché questa odiosa vicenda non potrà durare in eterno. Qui si sta giocando con il lavoro, con le famiglie, con alcune delle strutture vitali per l'industria del turismo. Il governo del cambiamento ha cambiato ben poco, tranne quella priorità che interessa a pochi: il reddito di cittadinanza. Per Di Maio & Co tutto il resto è soltanto impiccio.

Di fatto siamo di fronte a un'azione politica miope e inconcludente, che di certo non favorisce lo sviluppo del Paese. È il trionfo dell'incompetenza e dell'arroganza. Con un pizzico di ignoranza.

Ucina Confindustria Nautica non mollerà il pressing sui ministeri deputati a risolvere una volta per tutte una vicenda che grida vendetta.

Sono le risposte a scoppio ritardato che preoccupano chi è già con l'acqua alla gola e non sa come uscirne.

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