da Mogadiscio
Operatori umanitari, giornalisti, suore, impiegati di imprese di costruzione. Tutto purché occidentali. Tutto purché si intraveda la possibilità di un guadagno. Da cinque anni a questa parte in Somalia i rapimenti non sono più una novità, ma episodi allordine del giorno. Nel Paese del Corno dAfrica spadroneggiano banditi in cerca di denaro e gruppi di mercenari legati ai resti delle Corti islamiche, vicine ad Al Qaida. Un sequestro qui fa meno «notizia» che in Irak o Afghanistan. E spesso il rischio è che finisca nel dimenticato, sommerso dallindifferenza.
La liberazione ieri dei due cooperanti italiani, rapiti il 21 maggio, conclude lennesimo atto di violenza contro stranieri. Alcuni hanno avuto tragici epiloghi, altri sono ancora in corso.
Non ha avuto il tempo di lanciare allarmi o mandare messaggi ai suoi cari loperatrice umanitaria italiana Annalena Tonelli, uccisa il 5 ottobre 2003 a colpi darma da fuoco nellenclave settentrionale del Somaliland. Come lei anche la giornalista della Bbc Kate Peyton, freddata il 9 febbraio 2005 a Mogadiscio, davanti allalbergo dove alloggiava. Un anno dopo, il 23 giugno 2006, la stessa sorte tocca al fotoreporter svedese Martin Adler, ucciso mentre riprende una manifestazione filo islamica nella capitale somala. Tra le vittime del caos somalo vi è unaltra italiana, suor Leonella Sgobati che il 17 settembre 2006 muore insieme alla sua guardia del corpo nellospedale pediatrico «SOS» a Mogadiscio.
È durato due giorni il sequestro dellinviato del Corriere della Sera Massimo Alberizzi, rapito il 2 dicembre 2006 da guerriglieri delle Corti islamiche. Lintervento di capi clan locali, invece, ha favorito la liberazione di due operatori internazionali - un britannico e un keniota - impegnati con lorganizzazione non governativa Care International. I due hanno passato cinque giorni da ostaggi dal 10 al 15 maggio 2007 nel Puntland.
I casi del 2008 partono il 12 febbraio con il sequestro e limmediato rilascio di un tedesco che lavora per una Organizzazione non governativa.
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