Roma

Nel Lazio ignorata la sussidiarietà

«La mancata applicazione della sussidiarietà verticale è il marchio del deficit amministrativo del centrosinistra regionale come di quello nazionale». Parte da qui l’appello di una maggiore applicazione della sussidiarietà lanciato in modo unanime da Forza Italia, proprio perché ciò significherebbe «avere più efficienza in settori come economia scuola e sanità e maggiore libertà per famiglie imprese». Ne è convinto Stefano De Lillo, consigliere regionale di Fi, secondo il quale, preparandosi a una nuova stagione di governo nazionale e regionale, è necessario «accendere un faro sul principio di sussidiarietà, per rispondere già con i nostri programmi di governo alla stagione politico-amministrativa firmata dal centrosinistra che ha visto un ritorno verso la centralizzazione delle decisioni, una minore devoluzione dei poteri e uno scarso confronto con le parti sociali». De Lillo assieme al segretario nazionale organizzativo di Forza Italia, Maurizio Lupi e il coordinatore regionale azzurro, Francesco Giro, evidenziano la forte delusione dei cittadini nei confronti di forze politiche di governo «che si dicono popolari ma che non lo sono» e alla forte domanda di una partecipazione alle decisioni «che sia reale e non virtuale come quella che sa offrire il centrosinistra». Applicando fino in fondo il principio di sussidiarietà consentirebbe di «migliorare i servizi con un maggior coinvolgimento delle famiglie, delle imprese, dei corpi intermedi nella gestione di numerosi settori».
Anche se di sussidiarietà se ne parla spesso, accusa Lupi, «in realtà segna un autentico spartiacque tra una concezione politica che vede lo Stato al servizio della persona ed una che vede la persona al servizio dello Stato». A questo proposito, secondo l’esponente di Fi «si può addirittura concepire un’idea di Stato a partire dalla sussidiarietà». Un esempio è nei criteri di distribuzione delle risorse: «Il centrosinistra - ricorda Lupi - ha aumentato le tassazioni per poi decidere a chi distribuire i “tesoretti” che ne derivano. Per noi bisogna lasciare più risorse a famiglie e imprese per permettere loro di deciderne la destinazione». Un altro esempio è nella spesa delle famiglie per i figli: «Si può definire che tutto ciò che concorre a queste spese sia detraibile dalle tasse, considerando che concorre alla crescita generale dell’economia. La sussidiarietà fiscale è centrale nel nostro modello di economia sociale: e il ruolo delle regioni e di tutti gli enti locali è strategico per attuarla». È proprio Lupi a ricordare come il governo Berlusconi ha aperto la strada a questo modello di fiscalità: «Innanzitutto con la detraibilità dalle tasse di quanto viene versato al settore non-profit, poi con l’istituzione del 5 per mille, che per la prima volta ha riconosciuto che le tasse non sono dello Stato ma a disposizione dei bisogni collettivi, senza esclusioni e proprio per questo fra i beneficiari potenziali vi sono anche i Comuni». Il punto di partenza, affinché si arrivi ad avere una maggiore sussidiarietà sul territorio, sostengono i tre rappresentanti di via dell’Umiltà, è la convinzione che «la politica è relazione e non imposizione». «La sussidiarietà - spiega Giro - ha un valore politico fondamentale per chi, come noi, si propone non come “partito-Stato” ma come “partito-popolo”. Nella stagione delle riforme che ci attendono noi vogliamo aprire un tavolo stabile con i corpi intermedi per far crescere questo cardine della società: solo così si possono riformare i servizi socio sanitari, la stessa Sanità e l’intera amministrazione della cosa pubblica».

E proprio sulla Sanità arriva l’appello finale al presidente Marrazzo: «Torniamo a chiedere di non colpire l’ospedalità privata e soprattutto i suoi centri di eccellenza, come il Policlinico Gemelli ed il Bambino Gesù».

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