Niente complotto. L'ipotesi era affascinante, eppure non è andata così, almeno secondo il Coni. Il doping di Andrea Baldini per un diuretico non è frutto di una ritorsione, della smania di Andrea Cassarà di toglierli il posto in squadra, oppure di un tranello fantasioso. È la procura antidoping a escludere questa possibilità, per cui il fiorettista azzurro andrà incontro a una squalifica senza sconti. Nessuno ce l'aveva con lui, neppure l'avvocatessa Giulia Bongiorno è riuscita a far avvalorare i suoi sospetti. La vicenda era esplosa con grande clamore alla vigilia dei Giochi di Pechino. Baldini era stato incastrato dal test effettuato agli Europei di Kiev, in Ucraina, all'inizio di luglio: le analisi rilevarono la presenza di Furosemide, principio attivo del Lasix. Il fiorettista toscano era leader della classifica di Coppa del Mondo, uno dei favoriti per la conquista della medaglia d'oro. Venne fermato dalla Federscherma, che appunto richiamò Cassarà, fresco del titolo europeo, bronzo 4 anni prima ad Atene, ma escluso semplicemente per un rendimento inferiore nella stagione.
Allora in forza all'Aeronautica, Baldini l'aveva presa male. «Questo farmaco può essere facilmente reperibile, è incolore e inodore. Dura nel corpo solo quattro ore, devo averlo assunto involontariamente». Il procuratore antidoping Ettore Torri spiega che «non sono emersi elementi apprezzabili da giustificare l'apertura di un procedimento disciplinare a carico di altri soggetti per violazione delle norme sportive antidoping». Baldini però non innesta la retromarcia e continua ad alimentare le proprie convinzioni: «Dalla procura antidoping del Coni - spiega - mi aspettavo buone notizie ma fino a un certo punto. Spero che la verità emerga in seguito alla mia denuncia verso ignoti presentata alla Procura della Repubblica di Livorno. Conto di poter riprendere al più presto a tirare, sono ancora sospeso e anche il Grand Jury della Fie sta attendendo gli esiti dell'indagine della Procura di Livorno».
Baldini parla di decisione politica: «Ognuno fa i propri interessi. Non hanno trovato elementi per procedere, non entro nel merito, anche se a me è trapelato che gli stessi addetti ai lavori del Coni non hanno dubbi sulla mia buona fede».
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