Niente risarcimento a due vittime delle Br

Nel 1974 cinque terroristi uccisero due passanti davanti alla sede dell’Msi. Gli assassini sono stati condannati nel 1992, ma i familiari non hanno mai ricevuto né soldi né scuse

Marino Smiderle

da Padova

«I due fascisti presenti, avendo violentemente reagito, sono stati giustiziati». Scrivevano così, negli anni Settanta, i brigatisti rossi quando ammazzavano cittadini perbene. Come i padri di famiglia Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, che il 17 giugno del 1974 ebbero il torto di passare davanti alla sede del Movimento sociale italiano di Padova, in via Zagarella. Roberto Ognibene e Fabrizio Pelli spararono cinque colpi calibro 7,65, prima di fuggire con Susanna Ronconi, Giorgio Semeria e Martino Serafini, gli altri brigatisti che parteciparono alla coraggiosa missione.
Giralucci lasciò la moglie Bruna e una figlioletta di tre anni, Mazzola la moglie Giuditta e quattro figli.
Le famiglie di quei due «fascisti», a oltre trent’anni di distanza, non hanno ancora avuto un centesimo di risarcimento, sempre che ci possa essere una cifra in grado di risarcire una moglie e un figlio per la perdita del marito e del padre.
«A dir la verità - spiega Piero Mazzola, avvocato, figlio del carabiniere in pensione assassinato in via Zabarella - non saprei che farmene dei soldi di quelle persone. Sarebbero soldi grondanti sangue, che non potrei maneggiare. Potremmo eventualmente devolverli in beneficenza. Ma il punto è un altro. Il punto è che da quando la condanna penale a loro carico divenne definitiva, nel ’92, nessuno di quei signori è mai venuto a dire qualcosa, magari scusa, a noi e ai Giralucci. Né, tantomeno, hanno pagato le spese processuali come previsto dalla sentenza. Sentenza che, per inciso, rinviava a un successivo eventuale processo civile la determinazione del risarcimento del danno».
Ricapitolando: nel ’74 vengono ammazzati Giralucci e Mazzola, nel ’92 (18 anni dopo) vengono condannati gli assassini (Pelli era nel frattempo morto di leucemia in carcere) ma di risarcimento le famiglie ancora non hanno visto un centesimo. «Dopo avere aspettato otto anni un cenno da parte di quelle persone - rivela Piero Mazzola - nel 2000 abbiamo avviato il procedimento civile. Ci pareva corretto agire così, specie se si pensa che quelle persone, nel frattempo, erano state accolte e riverite negli ambienti radical-chic del nostro paese».
Decisione ineccepibile, solo che al momento non c’è traccia di sentenza.

Bisognerà aspettare il 25 gennaio del 2007, ultima udienza fissata prima della sentenza, per sapere come andrà a finire, dal punto di vista giudiziario, questa triste storia. Neanche 33 anni, tempi normalmente indecenti per la giustizia di questo paese.

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