L’Italia è nuda: non sarà protetta dallo scudo di difesa antimissile che gli Stati Uniti si apprestano ad estendere su parte dell’Europa. Questo perché le proposte installazioni militari del sistema americano sorgeranno nell’Europa orientale, i silos dei missili in Polonia, il radar di scoperta e direzione del tiro nella Repubblica ceca. L’Europa sud-orientale resterà scoperta, in particolare Italia, Turchia e Grecia. Lo hanno detto fonti Nato al Financial Times, mentre lo stesso segretario generale dell’Alleanza atlantica, l’olandese Jaap de Hoop Scheffer, ha detto che la minaccia missilistica di Paesi come l’Iran e la Corea del Nord è più che concreta e che è inammissibile che ci siano differenze tra il livello di protezione di cui godranno i diversi Paesi Nato.
Per l’Italia è una brutta sorpresa, anche perché il nostro Paese ha il dubbio privilegio di essere l’unico Paese europeo ad aver subito un attacco con missili balistici, sottoforma degli Scud tirati anni fa da Gheddafi contro Lampedusa. Gli Usa, in realtà, qualche anno fa avevano proposto all’Italia un ruolo nel loro sistema di difesa, si era anche parlato di piazzare un grande radar nell’Italia meridionale o in Sicilia, mentre si prospettava una collaborazione industriale, con Finmeccanica che aveva siglato accordi di cooperazione preliminare con Lockheed Martin e Boeing. Alla fine non se n’è fatto nulla perché era ben presente l’ostilità politica che qualunque progetto di collaborazione militare con gli Usa provoca in molti partiti italiani, senza dimenticare i problemi di bilancio. Poi, con l’avvento del nuovo governo, tutto ciò che ha a che fare con la difesa antimissile americana è stato eliminato, accantonato, cancellato e dai vertici militari è stato ordinato di adeguarsi e tacere. Questo è diventato un ulteriore motivo di frizione tra Roma e Washington che si aggiunge al ritiro dall’Irak, al tentativo di fare marcia indietro sulla base di Vicenza, alla vicenda Abu Omar ecc. Nei documenti ufficiali del nostro ministero della Difesa la difesa antimissile, che un tempo figurava tra le priorità, è proprio sparita: basta leggere la Nota aggiuntiva al bilancio Difesa del 2006 e 2007.
Gli Usa, ovviamente, non si sono fermati, hanno stretto accordi bilaterali con quattro Paesi europei: Gran Bretagna, Danimarca (Groenlandia), Polonia, Repubblica ceca. Chi partecipa ha, tra l’altro, garanzia di protezione. Gli altri, invece, possono solo arrangiarsi e attendere che il pachiderma Nato si doti di un proprio mini-scudo regionale e magari si agganci a quello americano. Ma per ora siamo ai soliti studi di fattibilità, non c’è una volontà politica e, al solito, mancano i soldi. E così si procede in ordine sparso e solo per sistemi di difesa efficaci contro missili balistici a breve raggio.
Alcuni Paesi, come Germania e Olanda, Grecia e Spagna, hanno scelto il Patriot americano. L’Italia sta introducendo in servizio il sistema antiaereo Samp-T, sviluppato pariteticamente con la Francia, ma questo è efficace contro missili con gittata di 600-900 chilometri. Il nostro Paese partecipa anche, con Germania e Usa, al Meads, ben più prestante, capace di ingaggiare missili da 1.000-1.300 chilometri. Non sarà pronto prima del 2013. In teoria la Marina potrebbe essere coinvolta nei programmi Usa per i missili antimissile Standard ma non si è andati oltre gli studi preliminari. Non ci sono, quindi, iniziative concrete in corso per fronteggiare il pericolo a medio e lungo termine. E allora forse l’ipotesi più realistica sarebbe quella di chiedere agli Usa di proteggere, in caso di crisi, le basi che possiedono in Italia... e ciò che ci sta intorno.
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