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Nigeria, i talebani neri uccidono undici cristiani

Le cifre sono da mattatoio, le prospettive da incubo. Le quasi 200 vittime degli assalti di sabato nella città di Kano, gli undici cristiani ammazzati ieri a Bauchi, un’altra città del nord della Nigeria dove i Boko Haram, i talebani neri, hanno distrutto due chiese, potrebbero essere solo il prologo della catastrofe. Una catastrofe che - come il conflitto del Biafra costato 3 milioni di morti - rischia di dilaniare la Nigeria, trasformarla nel teatro di una spietata guerra di religione.
A far paura - 45 anni dopo - non è il sud, ma il nord musulmano lambito dalle pendici meridionali del Sahara. Lì i Boko Haram, i talebani neri, si sono trasformati da minuscola, fanatica setta in milizia organizzata capace di sfidare l’esercito e mettere a ferro e fuoco, com’è successo sabato, una città simbolo del nord musulmano. Prima della colonizzazione Kano era il cuore di un califfato islamico collegato al Nordafrica e ai paesi arabi. Strappare Kano al governo, massacrare e mettere in fuga i cristiani rientra nel disegno di chi punta ad un’egemonia islamica estesa dal Sahel alle coste occidentali della Nigeria e a quelle orientali della Somalia. L’oscuro demiurgo di questa strategia si nasconde dietro la sigla confusa e indistinta di Al Qaida Maghreb. Quella sigla, nata in Algeria dalle ceneri dei gruppi islamici protagonisti della guerra civile degli anni ’90, rappresenta una multiforme galassia capace di unire le milizie tuareg, i guerriglieri fuoriusciti del Polisario, i trafficanti di armi del Sahel, le bande di contrabbandieri di droga e mercanti di uomini del Sahara. Penetrando e dirigendo questi diversi settori dell’illegalità il terrorismo islamista ha tessuto un’invisibile ragnatela su cui trasferire idee, armi e finanziamenti fino al terminale nigeriano dei Boko Haram. A garantire collegamenti e legami non è solo l’humus islamico del nord della Nigeria, ma anche l’immenso bacino del Sahara. Tra le sue sabbie armi e fanatismo si muovono incontrollati solcando le zone franche delle piste carovaniere che scendono fino alla Nigeria. Non a caso l’epopea crudele e sanguinaria dei Boko Haram inizia a Maiduguri, la capitale dello stato del Borno vivaio dell’Islam radical. Lì nel 2002 Mohammed Yusuf, un predicatore 32enne, insegna ai propri fedeli a rinnegare tutti gli insegnamenti occidentali non contemplati nel Corano di Maometto.
Credere nella terra rotonda o confidare nell’evoluzionismo equivale ad abbracciare l’eresia e a meritarsi la condanna a morte. Non a caso i seguaci di Yusuf attaccano non solo gli infedeli, ma anche le mosche moderate e i simboli dell’amministrazione statale. La trasformazione da setta in movimento armato arriva dopo la cattura, nel luglio 2009, del predicatore Yusuf. Dopo la controversa uccisione in carcere del giovane leader la fazione più fanatica del movimento si lega alle cellule di «Al Qaida nel Maghreb» del Mali e del Niger e stringe contatti con gli sheebab della Somalia.

Da quel momento nasce l’alleanza jihadista che minaccia di conquistare mezza Africa e di dilaniare uno stato di 170 milioni di abitanti, cuore pulsante della produzione petrolifera.

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