da Lagos
Si complica la vicenda dei tecnici dellEni - due italiani e un libanese - rapiti lo scorso 7 dicembre dai guerriglieri nigeriani del Mend (Movimento per lemancipazione del delta del Niger. I ribelli hanno comunicato ieri che i negoziati con il governo dello Stato di Bayelsa per la liberazione dei tre ostaggi sono «interrotti da tempo» e che, probabilmente, riprenderanno solo con il nuovo esecutivo del Bayelsa, che si insedierà nel prossimo maggio. Una doccia fredda dopo che, sempre ieri, erano stati rilasciati 24 marinai filippini catturati in gennaio. Non è chiaro se da uomini del Mend o di un altro gruppo. La nave dei filippini, il mercantile «Baco-Liner 2», di proprietà tedesca, ma battente bandiera nigeriana, era stato assaltato al largo della costa. I sequestratori hanno comunque fatto sapere che avevano restituito la libertà ai ventiquattro «per motivi umanitari, senza pretendere il pagamento di alcun riscatto».
Per rilasciare i due italiani - Cosma Russo e Francesco Arena - e il libanese, Imad Saliba, il Mend esige dalle autorità nigeriane la scarcerazione dell'ex governatore dello Stato di Bayelsa, Diepreye Alamieyeseigha, in prigione per corruzione, del leader separatista Mujahid Dokubo-Asari e di altri detenuti vicini al Mend. Chiede inoltre che una quota consistente degli introiti provenienti dall'estrazione del petrolio venga versata a favore delle poverissime popolazioni che abitano nel Delta (soltanto la comunità Ijaw conta circa 14 milioni di persone). I tecnici dellEni sequestrati erano quattro, ma uno di loro, Roberto Draghi, è stato rilasciato il 17 gennaio ed è tornato in Italia. Sono un centinaio i sequestri avvenuti l'anno scorso nel Delta del Niger. Gli ostaggi sono solitamente rilasciati illesi.
Il numero uno dellEni, Paolo Scaroni, ha detto ieri a Roma: «Abbiamo l'impressione di essere incappati in un cambio di passo politico della situazione nigeriana difficilmente prevedibile». Ma ha aggiunto di essere «fiducioso in una soluzione positiva della vicenda».
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