Laura Verlicchi
Sette miliardi di euro: tanto dovrebbe valere la «manovra bis» caldeggiata da Bce e Fondo monetario per correggere i conti pubblici italiani e riportarli entro i binari del patto di stabilità. Una richiesta difficile da conciliare con la necessità, indicata come prioritaria, di rendere più competitive le imprese e lannunciato taglio del cuneo fiscale. Un tema che approfondiamo con il presidente della Fondazione Pacioli, Paolo Moretti.
Di che cosa hanno bisogno le imprese, in questo momento?
«Credo sia necessario anzitutto agevolare le aggregazioni. Le imprese italiane sono infatti troppo piccole e devono crescere, per poter realizzare maggiori economie di scala ed essere più competitive. Interessante a tale riguardo è la nuova disciplina sui distretti produttivi. Vanno inoltre incentivate le imprese che vogliono investire in ricerca ed innovazione. Bisogna infine favorire la produttività del lavoro».
In che senso?
«È necessario riallineare la produttività italiana a quella di altri Paesi. In questo senso, potrebbe funzionare la detassazione, anche parziale, del lavoro straordinario. Naturalmente andrebbero prese le opportune cautele per evitare la trasformazione del lavoro ordinario in straordinario».
Tutte queste proposte richiedono limpiego di risorse: ritiene che siano compatibili con il taglio di 5 punti del cuneo fiscale voluto dal nuovo governo?
«Certamente non sarà facile, né indolore. Ma cè unaltra questione ancora più importante, ancora non chiarita: a chi resteranno in tasca i soldi risparmiati con il taglio? In altri termini: quanto alle imprese e quanto ai dipendenti?».
Qual è la sua opinione in proposito?
«Ritengo che la maggior parte dovrebbe restare ai dipendenti. Solo così infatti si può dare impulso alla ripresa dei consumi, che è una priorità essenziale».
È in vista anche labrogazione, o quanto meno un forte ridimensionamento, della legge Biagi.
«Questo sarebbe un errore, perché penalizzerebbe le imprese e anche i giovani che cercano lavoro. La legge può invece essere corretta, nel senso di offrire maggiori garanzie ai lavoratori, mantenendo però le caratteristiche sostanziali che differenziano questa forma di lavoro da quello a tempo indeterminato e lo rendono quindi più conveniente per le imprese».
Che cosa pensa della possibilità di recuperare risorse attraverso la lotta allevasione?
«Va bene, ma non si pensi che sia a costo zero. Nel recupero dellevasione, infatti, devono avere un ruolo importante i Comuni - ai quali viene destinata una quota di quanto verrà recuperato - ma a loro carico saranno i costi delle strutture da creare a tale scopo. Analogo discorso vale per le Agenzie delle Entrate. È vero che oggi la struttura del Fisco funziona molto meglio che in passato, quindi levasione tende a diminuire: nei primi tre mesi del 2006, per citare un dato recente, gli incassi complessivi della lotta all'evasione sono aumentati dell'84,5% rispetto allo stesso periodo del 2005. È una tendenza apprezzabile, che però non nasce dal nulla: ha richiesto investimenti e altri ne richiederà, per rafforzare le strutture dellAgenzia e renderle più efficienti. In questo modo, tra laltro, si inducono i contribuenti a una maggiore osservanza delle norme, con un effetto che va al di là del ritorno immediato. Si tratta di un importante obiettivo a lungo termine».
E veniamo alle dolenti note: lipotesi di aumentare lIva dal 20 al 22%.
«Intanto mi pare che lipotesi al momento sia stata accantonata. Vorrei solo ricordare che in Germania questa scelta è stata già fatta e non ha dato i benefici sperati, al contrario. Prima di pensare a nuove tassazioni, mi sembrerebbe però opportuno insistere sulla linea del contenimento della spesa pubblica. Credo infatti che tuttora esistano settori dove unattenta valutazione nellerogazione delle risorse possa evitare spese non necessarie né produttive».
È necessaria una nuova riforma fiscale?
«Assolutamente no. Una riforma fiscale è già stata concepita di recente. Si tratta eventualmente di apportare qualche aggiustamento.
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