Presso lintellighenzia italiana il mito dellEuropa funziona, lo sappiamo, abbastanza a intermittenza. Mentre di solito si cerca oltre le Alpi ogni possibile ispirazione in tema di assistenza o educazione, in queste settimane nessuno (o quasi) ha voluto evidenziare come il prezzo dellacqua degli altri Paesi del Vecchio Continente - e soprattutto di quelli più nordici - sia assai superiore al nostro. Lasciando da parte il caso danese, è interessante sottolineare come tanto in Francia quanto nel Regno Unito lacqua costi più di tre volte che da noi.
Non è vero, allora, che le nostre bollette sono così care a causa di un sistema ingiusto e oppressivo, dominato dalle multinazionali. Al tempo stesso, non cè motivo di essere contenti della situazione in cui ci si trova.
In effetti, sarebbe bene che anche da noi iniziasse a valere il principio, ben più rispettato nel resto d'Europa, secondo cui l'acqua va pagata da chi l'utilizza. Se altrove le bollette sono salate è perché non cè un Pantalone che interviene a coprire spese altrui e perché si ritiene fondamentale dare un servizio di qualità. L'idea è che se qualcuno non ha soldi e quindi può essere impossibilitato a pagare la bolletta, lo si aiuta con un sussidio finanziario, ma non si pensa di far saltare la razionalità gestionale delle imprese.
Inoltre, altrove è giudicato cruciale investire nelle infrastrutture, al fine di non sprecare questo bene (come invece avviene da noi) e garantire ottimi servizi. Difficilmente vi capiteranno, visitando Lione o Manchester, esperienze di razionamento dell'acqua come quelle con cui è normale confrontarsi nel Bel Paese, dove non ci si sorprende più neppure quando viene sospesa l'attività delle scuole, a causa del fatto che cè modo di rifornire di acqua le mense e i servizi igienici.
Solo per fare un esempio tra i moltissimi, in questi giorni gli abitanti di Cremeno, nel Lecchese, hanno saputo dall'amministrazione comunale che l'erogazione di acqua nel periodo giugno-settembre sarà ridotta. E si tratta della Lombardia dei fiumi e dei ghiacciai, e non già dell'assolata Sicilia con i suoi ben noti acquedotti colabrodo!
I casi sono due: o si vuole poter disporre di impianti idrici di qualità (e allora bisogna che qualcuno paghi), oppure non lamentiamoci quando dobbiamo fare i conti con una situazione sempre più degradata. E se si deve mettere mano al portafogli, è bene che lo faccia chi usufruisce del servizio, invece che fare ricorso alla fiscalità generale.
Si noti che la tabella riportata include Paesi con modelli di gestione dell'acqua assai diversi. In Francia, ad esempio, si è sposato un orientamento piuttosto statalista, ma questo non ha provocato una riduzione delle tariffe. I francesi pensano che se quanti consumano l'acqua ne sopportano il costo, questo indurrà a un uso più limitato e razionale della risorsa, scarsa per definizione. Nel Regno Unito prevale invece un modello privatistico, sebbene la regolazione sia forte, ma anche qui è chiaro che il prezzo dell'acqua deve permettere investimenti nelle strutture. Il quesito referendario che prende di mira il 7% destinato a remunerare il capitale ignora insomma cosa avviene in Europa e rigetta il buon senso, ma soprattutto continua a cullare molti nel mito che si possano risolvere i problemi del Paese pur senza investire e senza fare sacrifici.
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