Non c'è la coalizione, ci sono gli elettori

La sinistra ha varato la sua nuova strategia fondata su uno slogan: non siamo noi a reggerci con le grucce di Follini e Pallaro, ma il centrodestra ad essere diviso su Berlusconi. La nuova formula è stata lanciata da Fassino con uno sgraziato e un po' forsennato intervento deliberatamente offensivo nei confronti del Presidente di Forza Italia. La mossa tuttavia è insidiosa perché la (ex) Cdl ha davvero fatto di tutto per presentarsi divisa: Roberto Maroni è stato lasciato libero di simulare attenzione verso le ridicole offerte di un federalismo fiscale, Fini ha svolto un’analisi severa e impeccabile dell'inevitabile crollo di Prodi ma senza affrontare il futuro e quanto all’Udc, Casini prosegue nella nuova linea che ci sembra artificiosa e indecifrabile. Dunque, Berlusconi ha affrontato da solo la questione del dopo Prodi accettando la sfida sulla legge elettorale e prospettando un itinerario che riporti l’Italia al voto: rifare la legge elettorale significa ridefinire la legittimità del Parlamento e la sua approvazione impone il ritorno alle urne proprio perché il Parlamento non è più legittimato.
Se guardiamo le differenze strutturali dei due schieramenti vediamo un centrosinistra privo di unità politica in cui la posizione del premier è quasi irrilevante: è già accaduto nella legislatura 1996-2001. Il centrodestra ha avuto invece una solida intesa politica, ma condizionata dalla necessità di un premier con il copyright esclusivo della coalizione e quel premier è stato Berlusconi.
La forza della leadership condiziona dunque la destra quanto la leggerezza fatua della leadership garantisce la sinistra. La sinistra si costringe ad una unione fra incompatibili che esprime un leader politicamente impalpabile. Le destra ha il problema contrario: i partiti sono compatibili ma a condizione che una forte leadership faccia valere il copyright della coalizione. Il risultato è che un turn over del premier a sinistra è insignificante, mentre a destra ha un effetto centrifugo e distruttivo. Ciò spiega perché oggi l’interesse della sinistra sia quello di scardinare il premierato della destra, neutralizzando così i danni della propria inettitudine.
Che cosa fare, dunque, per rispondere a questa offensiva? A parer nostro la risposta può essere una sola: tutti i partiti del centrodestra possono oggi puntare con vantaggio ad elezioni anticipate, affrontandole in concorrenza fra loro per poi allearsi a risultato acquisito. Persino l’Udc potrebbe così misurare il peso e il consenso della propria nuova linea. Quanto al premier, la scelta – in assenza di primarie - verrebbe dalle urne. Ne siamo convinti perché, anche se non esiste più la coalizione politica della CdL, il suo grintoso elettorato ha invece ben assimilato l’idea del partito unico ed è più avanti dei partiti stessi.

La sinistra ha capito che proprio lì sta la trave portante ed è lì che scatena il suo attacco. La sfida dunque è strategica e richiede una risposta che gli italiani possano capire e condividere. Guai se si sentissero traditi da giochi incomprensibili.
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