Armin Theophil Wegner era un soldato tedesco all'epoca della Prima Guerra Mondiale, ma il 24 aprile del 1915 assistette a Istanbul a una feroce retata che gli fece presto cambiare idea sulla guerra. Per fortuna non era solo, ma in compagnia di una macchina fotografica che immortalò il feroce sterminio da parte del governo dei Giovani Turchi, nell'area dell'allora Impero Ottomano, contro la comunità armena.
Armin T. Wegner fu uno dei pochissimi europei testimoni oculari del genocidio armeno nei campi dell'Anatolia: oggi, a ottantotto anni di distanza, le sue fotografie ci ricordano il milione e mezzo di armeni uccisi perché, come sarebbe accaduto anni dopo con il popolo ebraico, colpevoli di appartenere a un'etnia e una cultura diversa.
Nell'ambito delle «Giornate della cultura armena in Italia» in calendario in questi giorni, si distinguono a Milano le tante iniziative organizzate dall'Unione degli Armeni d'Italia, dal Politecnico di Milano e dal Consiglio di zona 3. Tra gli eventi in programma fino al 23 aprile, spicca proprio la mostra fotografica dedicata a Armin Wegner dal titolo «Gli Armeni in Anatolia, 1915. Immagini e testimonianze» (via Sansovino 9, dalle 9 alle 19), inaugurata ieri alla presenza di Misha, figlio di Wegner che, insieme ad altri relatori tra cui Gabriele Nissim, ha discusso sull'identità armena e sul problema del genocidio.
Martedì un'altra mostra aprirà nello spazio Guido Nardi del Politecnico di Milano: con «Le pietre urlanti d'Armenia» saranno presentati progetti architettonici e urbanistici raccolti negli anni dal Centro studi e documentazione della cultura armena (fino al 23 aprile, negli orari di apertura dell'ateneo).
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