Rispetto ai giudizi negativi che oggi di solito si rivolgono ai giornali, fatti male e disinteressati alle «cose» culturali, è una piccola consolazione, seppure amara, scoprire che in fondo è sempre stato così... Solo a volte un po meglio a volte un po peggio. Insomma, cè stato anche qualche giornalista che ha avuto limpudenza di cestinare un «pezzo» di Carlo Emilio Gadda, uno del quale tutto si può dire tranne che non sapesse scrivere. Accadde nel 1932, quando lIngegnere spedì allAmbrosiano di Milano, con il quale collaborava assiduamente, un articolo - o meglio una «prosa di viaggio» - in cui raccontava una sua gita in automobile fatta nel maggio di quellanno da Milano a Venezia. In quei tempi pre-autostradali una vera avventura, tenuto conto, soprattutto, del mezzo (un «bolide» rombante che toccava quasi i 70 chilometri orari!) e del pilota, ossia il suo amico comasco Carlo Linati, bizzarra figura di giornalista viaggiatore, collaboratore del Touring Club Italiano, che girò mezza Europa usando tutti i mezzi di locomozione possibili, dal treno alla bicicletta. Comunque, il direttore dellAmbrosiano, Giulio Benedetti, rifiutò «fermamente» il pezzo inviatogli dal sciur Gadda: «Devo esprimerLe il mio rammarico di non poter dar luogo alla pubblicazione del suo scritto - dattilografò Benedetti al suo esimio collaboratore - Sono certamente eccellenti pagine di prosa, che starebbero benissimo in un foglio esclusivamente letterario; ma in un giornale politico la varietà non deve abbondare (...) Ella può, invece, con pieno gradimento, affrontare con la Sua penna felice, argomenti sostanziosi e vivi e aderenti allinteresse pubblico». Spiegando molto bene, in questo modo, come i giornali (ieri ma anche oggi) si sono sempre fatti mettendoci dentro le cose che vogliono i lettori, non quelle che gli intellettuali vorrebbero ci fossero.
Sia come sia, la Letteratura italiana quel giorno si perse un pezzo di «prosa darte» intitolato - così doveva essere - Con Linati, a grande velocità. Firmato: Carlo Emilio Gadda (e, a dirla tutta, era un ottimo Carlo Emilio Gadda giornalista).
Questa è la brutta notizia.
La bella è che quel racconto, scritto su nove fogli autografi in inchiostro nero con firma in calce sottolineata dallautore, è stato ripescato dallarchivio della Biblioteca Trivulziana di Milano e pubblicato, insieme ad altre «meraviglie» gaddiane, nel primo volume della nuova serie dei Quaderni dellIngegnere, la rivista ideata e tenacemente voluta da Dante Isella che la diresse dal 2001 al 2007 (anno della sua scomparsa) e che oggi torna a vivere grazie alla Ugo Guanda Editore di Luigi Brioschi e alla «Fondazione Pietro Bembo» (la collana di classici italiani ideata da Isella stesso, e ora diretta da Pier Vincenzo Mengaldo e Alfredo Stussi) sotto la direzione di Clelia Martignoni.
Nati nel 2001 per le edizioni Ricciardi e passati a Einaudi fra il 2004 e il 2007, I Quaderni dellIngegnere dopo tre anni di interruzione proseguono il loro prezioso lavoro di indagine critico-filologica sullopera e la biografia di Carlo Emilio Gadda, pubblicando - come in questo numero, presentato pochi giorni fa al Castello Sforzesco a Milano - racconti inediti, pagine di viaggio, immagini, disegni, uno scritto darte e alcune lettere al critico Gian Carlo Roscioni, per molti anni consulente della casa editrice Einaudi, dove conobbe Gadda, il quale prima di morire gli lasciò parte dellarchivio e della biblioteca personale e che poi Roscioni donò nel 2000 alla Biblioteca Trivulziana. Ecco perché è qui che si trovano molti tesori gaddiani.
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