È di nuovo Cunego: la grande rabbia del Piccolo Principe

Finita la tappa di trasferimento a Termoli, il vincitore del 2004 all’attacco contro i gregari e la Rai

nostro inviato a Termoli
Piccolo Principe, grande belva. Vietato toccare in queste ore Damiano Cunego: pericolo di scossa ad alto voltaggio. Ottimo segno. L’anno scorso era mollaccione, troppo mite e mansueto per essere vero. Difatti non era vero, aveva la mononucleosi. Tutta un’altra cosa in questo Giro di ritorno: bisogna maneggiarlo con cura, c’è il rischio esplosione.
Persino una soleggiata tappa lungomare di trasferimento, una di quelle tappe che magari al telespettatore mettono sonno, ma che a noi del Giro infondono serenità e gioia di vivere, persino questa occasione di ipotetico relax consegna sul traguardo un Piccolo Principe incazzatissimo come una grande iena.
Ce l’ha prima di tutto con due strani compagni, Petrov e Stangelj, cui nel finale caotico scoppia improvvisamente il cervello: vanno a tirare in testa al gruppo, là dove dovrebbero starci soltanto le squadre dei velocisti. L’avessero fatto a Moser, sarebbero ancora incollati come decalcomanie al soffitto dell’albergo. Cunego ci va un po’ più tenero, anche per evidenti problemi di stazza, ma le sue litanie ancora rimbombano lungo le amene località del basso Adriatico.
Subito dopo il simpatico episodio, Damiano passa al secondo obiettivo di giornata: il Processo alla tappa. Anche se ha promesso di andarci, ne ha voglia zero. Spiega il suo diesse, Beppe Martinelli, dopo averlo peraltro convinto a mantenere la promessa: «Damiano ha ragione. È inutile andarci, al Processo. Invitano un sacco di ospiti e poi non c’è mai il tempo di concludere un discorso...».
La polemica non è gratuita. E tanto meno inutile. Riguarda direttamente anche gli italiani e le italiane che tutti i giorni, dai divani o delle assi da stiro, dalle scrivanie o dai tavolini della scopa chiamata, puntualmente si guardano la storica trasmissione del dopotappa. Ha ragione Cunego, ha ragione il suo direttore sportivo: il salotto buono delle polemiche si sta trasformando in un circo equestre, pieno zeppo di ospiti a vario titolo, tutti però rigorosamente bloccati sul nascere. Soggetto, verbo e via con un altro discorso: mai che ci sia il tempo di aggiungere anche un complemento. Mille argomenti che partono, mai un solo argomento che arrivi a destinazione: risultano tutti dispersi nel cosmo. Giustamente si domandano in casa Cunego: perché non ridurre la popolazione sul palco e aumentare invece il numero dei discorsi compiuti?
Mentre anche questa disperata domanda va a perdersi inesorabilmente nel cosmo, Cunego arriva comunque al Processo e puntualmente ribadisce la sua posizione: l’altro giorno, sulla Maielletta, ha attaccato perché così l’istinto di campione gli suggeriva. Certo è dura capire, per opinionisti Rai che sono sempre rimasti mestamente gregari. «Se non provi, ti dicono che non hai coraggio. Se provi, ti dicono che sbagli. Posso solo aggiungere che, comunque, se non avessi attaccato io, magari i distacchi non sarebbero diventati così pesanti...».
Bravo Damiano. Fuori la cattiveria. Quando ci vuole, ci vuole. Ne abbiamo le tasche piene delle maestrine con la matita rossa. Se la corsa è fiacca, s’indignano perché nessuno ha più il coraggio di rischiare. Se qualcuno rischia, censurano indignate perché «non si possono commettere certi errori». Al diavolo. Meglio stare al fianco dei purosangue, che non si muovono con logiche da ragionieri, ma che semplicemente così ragionano: «Bisogna saper rischiare». Se il Giro cresce, se vogliamo provare un’alternativa al granitico teorema Basso, c’è un disperato bisogno di un Cunego come questo. Caricato a molla. Il vero Cunego.
Ci sono bene informati – anche un po’ beccamorti – che leggono questo atteggiamento come un preoccupante segno di fusione psicologica. Come se il Piccolo Principe non sopportasse la pressione, come se già avvertisse chiari segnali di fine. Toccare ferro. Certo il Piccolo Principe non può avvertire entusiasmo all’idea che giovedì lo aspettino cinquanta chilometri di cronometro liscia come l’olio, cioè una pesante tassa da pagare a Basso.

Ma non è una novità dell’ultima ora: lo sa da mesi.
Che c’è, allora? Semplicemente, c’è che quando tira aria di sfide, i puledri scalpitano. Nessuno provi a sedare Cunego: la sua elettricità può illuminare il Giro. Persino il Giro di Basso.

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