Andrea Fontana
da Milano
Arrivano alla spicciolata poco prima delle 11, se ne vanno unora dopo con la stessa idea in testa: i loro figli non andranno alle scuole pubbliche. Lincontro tra i genitori degli allievi di via Quaranta non sembra aver cambiato di una virgola le posizioni in gioco, a ventiquattrore dal vertice di oggi con il prefetto Bruno Ferrante.
Un incontro domenicale convocato in tutta fretta dal direttore della scuola Fajr, Aly Sharif, «perché noi non possiamo fare nulla senza il parere dei genitori» spiega. Per i cinquecento bambini coinvolti, per i quali oggi non suonerà la campanella di inizio anno, si presentano in via Quaranta una trentina di genitori. Difficoltà ad avvisare tutti, dicono qui, visto che qualche famiglia è ancora in Egitto, ma quelli che rispondono allappello sono piuttosto netti. Scuote la testa allipotesi della scuola pubblica un muratore di 45 anni con una figlia alla Fajr. «Guadagno 1000 euro al mese e per la scuola di mia figlia ne spendo circa 120. Quanto mi costerebbe se diventasse parificata?». Perfetto, gli istituti pubblici lo farebbero anche risparmiare, ma legiziano scansa la risposta e si dirige allentrata: «Se lo Stato italiano ci aiuta e si fanno lezioni di arabo e di italiano...». La prima a uscire è Heil Hamim, velo verde e due bambini in attesa di unaula: «La scuola italiana non insegna né larabo né il Corano: quando tornerò al mio Paese i miei figli devono conoscere queste cose. Se chiudono qui, devono darci unaltra sede».
Dopo mezzora di faccia a faccia con Aly Sharif, dallo stabile di via Quaranta esce una richiesta firmata da tutti i presenti, il mandato delle famiglie per lincontro col prefetto. Un foglietto che Amhed Ibrahim, un robusto quarantenne con camicia blu e calzoni grigi, sintetizza così: «La richiesta è per una scuola egiziana e italiana insieme, che faccia studiare la lingua araba e il corano». Una sorta di scuola per stranieri, nel nostro ordinamento scolastico, una proposta già avanzata in aprile da via Quaranta che ha ricevuto lo stop della Direzione scolastica regionale, innanzi tutto per spazi non adeguati. Ma il preside Sharif nega lesistenza del documento e specifica: «La richiesta è di continuare la scuola come era qui». Possibilità neppure contemplata dalle autorità milanesi, che sabato hanno lanciato un messaggio chiaro in vista dellappuntamento in prefettura: la scuola così comè non può esistere. «In qualunque posto vogliano mettere i ragazzi - interviene Amhed Ibrahim - non ci sarebbero problemi per i controlli da parte del Comune, perché non facciamo cose contro il Paese in cui viviamo».
Molti altri genitori però non vogliono sentir parlare di alternative e sostengono: «Da anni tutti conoscono lesistenza di questa scuola e dei ragazzi che vanno poi al Consolato egiziano a fare lesame per il riconoscimento del titolo di studio». Come Amhed, ingegnere geologo in Italia da 15 anni con quattro figli, due ancora tra i banchi della Fajr e due già al liceo. «I due più grandi - spiega - hanno frequentato i corsi qui e poi hanno fatto lesame al Consolato: ho anche a casa il certificato». Ora sono entrambi al liceo Einstein». Alza le spalle Amhed e se ne va, irritato dal fatto che si debbano cercare soluzioni diverse.
Ma così deve essere, anche se quasi tutti pensano che al prefetto si possa strappare una formula che contempli ancora arabo, corano e materie egiziane. Niente scuola pubblica però. Con il rischio che scatti anche per loro il percorso previsto per riportare tra i banchi pubblici chi diserta le aule. Un percorso in tre tappe. Lindividuazione del bambino «assente» e della famiglia dorigine affidato alla polizia giudiziaria. Lintervento dei Servizi sociali che si mettono direttamente in contatto con i genitori ed esaminano motivi e ostacoli allinserimento scolastico.
Oggi non suonerà la campanella allistituto islamico di Milano chiuso per motivi igienici. I genitori incontrano il prefetto: «Vogliamo corsi di Corano e di arabo» «I nostri figli non andranno mai in scuole italiane»
Malumori alla madrassa: «Se chiudono qui ci diano unaltra sede». Le autorità: così non può esistere. E cè chi dice: «Se fosse parificata costerebbe troppo»
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