Politica

Omicidio Alpi, la verità della Sgrena «Ilaria è morta solo per un caso»

La deposizione della giornalista del «Manifesto» allora in Somalia con l’inviata del Tg3

Gian Marco Chiocci

da Roma

Due giornaliste. Due amiche divise da un tragico destino. Una sopravvissuta a un sequestro in Irak e alla sparatoria in un check-point, l’altra uccisa a Mogadiscio, assieme al suo operatore, in una domenica di marzo di undici anni fa. Ilaria Alpi e Giuliana Sgrena s’erano conosciute proprio in Somalia, nel maggio del ’93, dove in una successiva trasferta l’inviata del Tg3 avrebbe trovato la morte. La giornalista del Manifesto quel martoriato Paese del Corno d’Africa lo conosce bene, e con la Alpi condivideva soprattutto l’amicizia con Valentino Casamenti, cooperante italiano, che nella sede della sua Ong «Africa 70», nella cittadina di Bosaso, aveva ospitato Ilaria e il cameraman Miran Hrovatin prima della loro morte.
Per questo stamattina Giuliana Sgrena sfilerà a Palazzo San Macuto, davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta presieduta da Carlo Taormina che da un anno e mezzo indaga sull’agguato di Mogadiscio. Un’audizione molto attesa, a giudicare dalle precedenti valutazioni che la giornalista del Manifesto aveva espresso sul cosiddetto «caso Alpi» visto che all’indomani dell’omicidio la Sgrena ne parlò con altri giornalisti, scambiò con loro idee e considerazioni, e alla fine volò a Nairobi per indagare sulla morte della collega. Lì incontrò Casamenti, personaggio di non poco conto poiché proprio a Bosaso due lustri di letteratura giornalistica (sfociata in inchieste giudiziarie archiviate) hanno collocato i presunti traffici di armi e di rifiuti tossici posti all’origine dell’assassinio. «Valentino mi ha detto che quando Ilaria arrivò a Bosaso lui era in Kenya – si legge nel verbale della Sgrena nell’ambito delle indagini della Commissione d’inchiesta sulla Cooperazione -. Si incontrarono per caso all’aeroporto di Bosaso. Ilaria e Miran avevano perso l’aereo, e Ilaria era molto preoccupata per il suo lavoro per il Tg3. Riuscirono però a parlare con Roma, da dove la tranquillizzarono: c’era uno sciopero dei giornalisti Rai e quindi si poteva rilassare. Decisero così di passare il venerdì e il sabato al mare, in attesa dell’aereo della domenica».
A Casamenti, Ilaria non aveva fatto alcun cenno ad eventuali scoperte così scottanti da costarle la vita. Nessun traffico inconfessabile, nessuna «relazione pericolosa» fra presunti trafficanti e Servizi deviati. «Se quanto scoperto da Ilaria fosse stato così impellente – prosegue la Sgrena a verbale -, forse non avrebbero deciso di andare al mare. Credo inoltre che Ilaria non avrebbe avuto problemi a indicare a Valentino che aveva scoperto qualcosa, anche senza dire cosa. Con lui, infatti, non c’era quel rapporto di competizione che esiste fra i giornalisti. Lui invece mi disse di non avere intuito assolutamente nulla. Secondo me, se Ilaria avesse avuto qualche cosa di scottante, avrebbe almeno fatto un accenno, specialmente in Somalia dove non si sa mai cosa ti possa succedere».
Dopo qualche giorno, la Sgrena aveva raggiunto Mogadiscio con due colleghi. Lì avevano intervistato tale Yusuf, «padrone della macchina che di solito affittavamo», e fratello del proprietario dell’auto a bordo della quale Ilaria era stata uccisa. «Io e Ilaria lo conoscevamo bene – continua l’inviata del Manifesto -. Yusuf ci fece capire indirettamente che era stata la scorta di Ilaria a sparare per primo. Ci disse infatti: “io lo dico sempre ai ragazzi di scorta, non sparate mai per primi”...». Il terzetto riuscì anche a vedere la Toyota Pick-up a bordo della quale viaggiavano i giornalisti del Tg3. «Era stata ripulita del sangue ma era piena di colpi – continua la Sgrena - . (...) Una decina di colpi erano piovuti sulla macchina». Un dettaglio non di poco conto, che sembra smentire ancora una volta la tesi che vorrebbe la Alpi uccisa con un colpo a contatto esploso da un’arma corta, e non a distanza a causa di una sventagliata di kalashnikov.
Tornata a Roma, la Sgrena andò a trovare Giorgio e Luciana Alpi, i genitori di Ilaria che da dieci anni si battono coraggiosamente per la verità e non hanno mai fatto mistero di propendere per la pista armi-rifiuti-malacooperazione. «Loro si erano fatti un’idea diversa dalla mia e da quella dei giornalisti italiani che bazzicavano la Somalia – conclude la Sgrena -. Non mi era facile dire quello che pensavo. Alla fine non sono andata più a trovarli. Sono anche stata chiamata al Maurizio Costanzo Show. Ho detto che la pensavo diversamente, che vedevo la cosa con forte emotività. Quando ho saputo che sarebbero stati presenti i genitori di Ilaria ho deciso di non andare...». Col passare degli anni, col montare delle inchieste giornalistiche sui traffici e con l’archiviazione di quelle giudiziarie, la Sgrena non ha cambiato opinione. Nel 2002, commentando in un articolo un libro significativamente intitolato «Ilaria Alpi, un omicidio al crocevia dei traffici», scriveva: «In questo libro dal tono incalzante e suggestivo – non privo tuttavia di ingenuità o approssimazioni azzardate (soprattutto per chi ha frequentato la Somalia negli anni di cui si parla) – le prove che legano il movente ai presunti esecutori o mandanti restano inafferrabili. Anche perché altrimenti il caso sarebbe risolto, e gli inquirenti non potrebbero più temporeggiare...

».

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